/ Ottobre 30, 2008/ Blog, Punti di vista/ 0 comments

Il Giorno dei Morti e Halloween (1/4)
Il Giorno dei Morti e Halloween (2/4)
Il Giorno dei Morti e Halloween (4/4)

Le tradizioni probabilmente più antiche e tuttora ancora vive in molte zone italiane sono quelle legate al cibo. Si può affermare che non esista regione che non abbia nella sua cucina tradizionale un piatto di rito e dalla forte valenza simbolica dedicato al Giorno dei Morti.

Le fave
Nell’antichità le fave erano il cibo rituale dedicato ai defunti e venivano servite come piatto principale nei banchetti funebri. I Romani le consideravano sacre ai morti e ritenevano che ne contenessero le anime.
Molto probabilmente questa credenza era legata ai caratteri botanici della pianta: le sue lunghe radici che affondano in profondità nel terreno; il suo lungo stelo cavo, che secondo le credenze popolari serviva a mettere in comunicazione i morti coi vivi; e soprattutto i suoi fiori bianchi con sfumature violacee e con una caratteristica macchia nera, la cui forma evocherebbe la lettera greca theta, lettera iniziale della parola greca thànatos, morte.

Il Cristianesimo e la tradizione popolare mutuarono dal mondo Romano questo uso delle fave.
Nel X secolo le fave divennero cibo di precetto nei monasteri durante le veglie di preghiera per la Commemorazione dei Defunti.
Per la stessa ricorrenza vennero usate come cibo da distribuire ai poveri o da cuocere insieme ai ceci e lasciare a disposizione dei passanti agli angoli delle strade
In Toscana, in Veneto e in Calabria si usava recarsi al cimitero e mangiare fave sulle tombe dei propri cari.
In Liguria piatto tipico del 2 novembre era lo “stoccafisso e bacilli”, stoccafisso con le fave.
In Veneto lo erano le “faoline”, semplici fave, e in Sicilia le “fave a coniglio“, fave lesse con aglio e origano.

Nel corso dei secoli, probabilmente a causa dei rischi che le fave provocano a chi è affetto da favismo (difetto genetico ereditario che provoca gravi anemie in caso di assunzione di fave e altri legumi), quel cibo venne sostituito da dolci a base di mandorle o pinoli a forma e col nome rituale di “fave dei morti”. Dolci che troviamo tutt’oggi in molte cucine regionali italiane, dalla Lombardia al Lazio all’Emilia Romagna al Veneto, alle Marche, all’Umbria, alla Sardegna ecc.

I ceci
L’altro cibo canonico associato fin dai tempi più antichi ai defunti è il cece. Nel mondo greco durante le Antesterie, feste della durata di 3 giorni a fine inverno in onore di Dioniso e durante le quali si riteneva che i defunti tornassero sulla terra, l’ultima giornata era dedicata alla “festa della Pentola”. In questa giornata si cuocevano grandi pentole di civaie (ceci, fave, fagioli e altri semi) dedicate a Dioniso e Ermes. Le pentole venivano poi esposte sugli altari e offerte alle anime dei defunti affinché si rifocillassero prima di intraprendere il viaggio di ritorno nell’aldilà.

E, come per la fave, anche l’uso di consumare ceci nel tempo dedicato ai Morti passò nella tradizione culinaria Romana e poi cristiana.
Come ricordato qualche riga fa, nel Giorno dei Morti ceci e fave lesse venivano distribuiti ai poveri o lasciati agli angoli delle strade perché tutti potessero attingervi
Piatti a base di ceci comparivano (e probabilmente ancora compaiono) quel giorno sulle tavole di molte regioni italiane.
In Liguria la zuppa di ceci, insieme alla stoccafisso con le fave, rappresentava il menù tipico del Giorno dei Morti.
In Lombardia, a Milano, il piatto rituale per i Defunti era la minestra di ceci con la tempia, come ricorda anche il poeta milanese Delio Tessa in alcuni versi del suo splendido poemetto “Caporetto 1917 – L’è el dì di Mòrt, alégher!” del 1919.
Il poeta contrappone la cappa plumbea che la notizia della disfatta porta in città alla briosa vivacità con cui i milanesi stanno celebrando il Giorno dei Morti, e scrive:

[…]L’è el dì di Mòrt, alégher!
Sòtta ai topiett se balla,
se rid e se boccalla;
passen i tramm ch’hin negher
de quij che torna a cà
per magnà, boccallà:
scisger e tempia…
[…]
  […]E il dì dei Morti, allegri!
Sotto le pergole si balla,
si ride e si tracanna;
passano i tram neri
di quelli che tornano a casa
per mangiare e sbevazzare:
ceci e tempia…
[…]

La traduzione del testo di Tessa è presa dal sito dedicato agli scrittori milanesi Milanesìabella.

Il grano
L’altro importante cibo tradizionale presente sulle tavole il Giorno dei Defunti è il grano.
Non deve stupire l’uso del grano per i Morti. In tutte le culture e le religioni il grano è il simbolo stesso della vita e della fertilità.
Ma per raccogliere il chicco di grano bisogna recidere la spiga – ucciderla – e il chicco solo dopo essere morto a sua volta sottoterra rinascerà in una nuova spiga. Il grano viene allora associato nello stesso tempo anche alla morte e alla resurrezione e diviene il simbolo del continuo e incessante ciclo di morte e rinascita della natura.
In una delle tradizioni religiose più antiche, il culto misterico di Eleusi, le celebrazioni in onore di Demetra. dea dell’agricoltura e dei raccolti, prevedevano che gli iniziati partecipassero recando fiaccole e spighe di grano, simboli di luce e vita, e che, durante il rituale, la sacerdotessa tagliasse una spiga di grano – la uccidesse – e annunciasse subito dopo la nascita del divino bambino Dioniso. Morte e rinascita, vita che nasce dalla morte.

Mangiare il grano nel Giorno dei Morti viene così ad assumere, oltre che valore rituale, valore propiziatorio per garantire continuazione alla vita e prosperità.
Nella tradizione culinaria italiana il grano è presente sopratutto nelle regioni meridionali e della Magna Grecia. Cotto e mischiato a vino cotto, chicchi di melograno, cannella, noci e, zucchero faceva (e fa ancora) parte delle celebrazioni rituali in Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.

I dolci
I dolci sono probabilmente il cibo rituale più usato in tutte le tradizioni regionali per commemorare il Giorno dei Morti. Ogni regione ha i suoi dolci tipici che, già dal nome, richiamano la celebrazione, anche se le varie tipologie sono tra loro molto simili.
Oltre al grano cotto appena ricordato, i dolci più usati sono biscotti di consistenza più o meno dura, in genere a base di mandorle, pinoli, albumi e talvolta cioccolato.
In quasi tutte le regioni italiane questi biscotti vengono chiamati “fave dei morti” o “fave dolci”, già citate sopra.
In Lombardia si chiamano “ossa da mordere”e in Veneto, Toscana e Sicilia “ossa di morto”.

Un altro tipo di dolce tuttora molto usato è il “pane dei morti”, preparato in modi diversi nelle diverse regioni: a base di biscotti sbriciolati, cioccolato e uvetta in Lombardia (sul forum la ricetta); con pepe in Toscana; a forma di mani incrociate in Sicilia.

In Campania, a Napoli, si usa preparare il “torrone dei morti”, un torrone morbido a base di cioccolato.
In Sicilia, regione che ha la tradizione più ricca e golosa di dolci associati ai Morti, oltre al grano cotto e alla ossa di morto già citati, si preparano anche i “pupi di zuccaro”, pupi di zucchero, statuette di zucchero a forma di pupi siciliani o di personaggi del folclore e delle fiabe; e la la frutta di Martorana, dolci di mandorle e pasta reale a forma di frutta.

(segue)

Scritto da Vianne

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