...per caso ieri ho rispolverato un libro letto tanto tanto tempo fa e mi sono soffermato su un breve racconto che ora vi riporto!
...forse è un po' lungo, lo divido in più parti
....a me piace tanto!
Tratto da
"Racconti umoristici e satirici" di
Heinrich Böll, pubblicato da Bompiani, pagina 14-18.
Prima parte del post:
L'uomo che ride
Quando mi interrogano sulla mia professione, mi sento imbarazzato: divento rosso, balbetto, io che altrimenti sono noto per essere un uomo disinvolto. Invidio la gente che può dire: faccio il muratore.
Ai parrucchieri, ai ragionieri, agli scrittori invidio la semplicità delle loro confessioni; queste professioni si spiegano da sole, non richiedono ulteriori chiarimenti. Io invece sono costretto a rispondere a queste domande: rido. Un'ammissione simile ne richiede altre, perché anche alla seconda domanda “Vive di questo Lei?” devo rispondere “sì”; il che risponde al vero. Vivo realmente del mio riso e vivo bene perchè il mio riso, per esprimersi commercialmente, è richiesto. Rido bene, ho imparato a ridere, nessun altro ride come me, nessuno conosce come me le sfumature di quest'arte. Per molto tempo – per sfuggire a noiose spiegazioni – mi sono dfinito attore, ma le mie qualità mimiche e recitative sono così povere che questa definizione non mi è sembrata rispondere a verità e la verità è: rido.
Non sono né un clown, né un comico, non rallegro l'umanità, ma rappresento l'allegria; rido come un imperatore romano o come un sensibile giovinetto candidato agli esami di maturità, il riso del XVII secolo mi è così familiare come quello del XIX e – se il caso lo richiedesse – rido tutti i secoli, tutte le classi sociali, tutte le età.
L'ho semplicemente imparato, così come si impara a risuolare le scarpe. Il riso d'America riposa nel mio petto, il riso d'Africa, riso bianco, rosso, giallo – e per un onorario adeguato – lo faccio risuonare così come esige la regia.