Chicca e l'aeroplanino (racconto)
Inviato: 04/08/2008, 9:55
Chicca e l’aeroplanino
C’era una volta in un passato non troppo lontano, una bambina di cinque anni di nome Chicca.
Era una bambina allegra e vivace, con i capelli e gli occhi nocciola e una manciata di lentiggini sparse su di un buffo nasino a patata. Viveva in campagna, con la sua famiglia, composta da lei, sua sorellina più piccola, mamma e papà e una futura sorellina o fratellino in arrivo.
I suoi genitori possedevano un allevamento di cavalli e, forse, era proprio questo il motivo per cui Chicca adorava gli animali: aveva dato il nome ad ogni puledrino e accudito con cura, con l’aiuto degli adulti, paperelle, pulcini, oche, gattini e molti altri cuccioli.
La piccola aspettava sempre con ansia l’arrivo della domenica perché era una giornata di festa: ci si svegliava presto, si indossava il vestito bello e si andava tutti insieme a messa al paesino vicino, in piazza c’erano tanti bambini con cui giocare e poi c’era pure il banchetto delle mele candite.
Un motivo in più per amare quel giorno spensierato era che spesso passavano a trovarli i nonni. Chicca adorava vederli arrivare con la loro automobile tanto buffa e rumorosa, si appostava nel cortile per sentirli arrivare e poi correva ad avvisare tutti, ma voleva essere la prima a salutarli, specialmente ad abbracciare il nonno.
Già il nonno, per lei era un gigante buono, le raccontava sempre mille storie incredibili e la ascoltava, sembrava non stancarsi mai di sentirla parlare. In una delle loro chiacchierate le raccontò degli aeroplani, di come erano fatti e che addirittura c’erano i modellini telecomandati che volavano davvero. Chicca era rapita dal suo racconto, non si capacitava di come fosse possibile che un piccolo aeroplano, senza dentro nessuno che lo guidasse, potesse volare. Così, chiese al nonno se gliene poteva regalare uno o almeno se ne poteva vedere uno dal vero, il nonno accarezzandola sulla testa dolcemente, acconsentì e gli disse che gliene avrebbe fatto costruire uno.
Chicca sognava il suo aeroplanino, lo immaginava volare fino a toccare le nuvole e ancora più su, librarsi in volo insieme alle rondine e ai passerotti, andare in un attimo fino al paesino, vedere la chiesetta dall’alto con il suo campanile e potere quasi toccare la campana. Ogni volta che il nonno veniva a trovarla, le raccontava dei progressi nella costruzione del suo “sogno” volante, una volta le raccontò che era giallo e nero, un’altra che stavano montando l’elica e poi che lo stavano assemblando. Ogni volta, lei sognavo di farlo volare più lontano, oltre il paesino, verso la città e poi in posti fantastici di cui non sapeva neppure i nomi.
Passarono le settimane ma, quando chiedeva al nonno del suo aeroplanino, lui le rispondeva sempre che era quasi pronto, ma in realtà non lo era mai.
Una domenica la piccola Chicca prese il coraggio e chiese al nonno se il suo aeroplanino fosse volato via senza aspettarla e lui le rispose semplicemente di sì.
La piccola lo guardò negli occhi e lo abbracciò stretto, non aveva avuto il suo regalo ma nello stesso tempo aveva avuto tanto di più, insieme a lui aveva giocato, sognato e volato quasi fino a toccare le stelle.
Non riuscì mai a sapere perché il nonno non le avesse donato il regalo tanto desiderato, forse non le interessava neppure scoprirlo, perché in realtà le aveva fatto assaporare la felicità pura cioè l’attimo prima della realizzazione di un sogno piccolo o grande che sia.
Pur con qualche modifica è tratto da una storia vera raccontatami proprio ieri sera e dedicato alla mia mamma che sa trovare il bello in tutto sempre e comunque.
P.S.: Chicca ha avuto un fratellino, cioè mio zio, un persona buona e tanto saggia!
C’era una volta in un passato non troppo lontano, una bambina di cinque anni di nome Chicca.
Era una bambina allegra e vivace, con i capelli e gli occhi nocciola e una manciata di lentiggini sparse su di un buffo nasino a patata. Viveva in campagna, con la sua famiglia, composta da lei, sua sorellina più piccola, mamma e papà e una futura sorellina o fratellino in arrivo.
I suoi genitori possedevano un allevamento di cavalli e, forse, era proprio questo il motivo per cui Chicca adorava gli animali: aveva dato il nome ad ogni puledrino e accudito con cura, con l’aiuto degli adulti, paperelle, pulcini, oche, gattini e molti altri cuccioli.
La piccola aspettava sempre con ansia l’arrivo della domenica perché era una giornata di festa: ci si svegliava presto, si indossava il vestito bello e si andava tutti insieme a messa al paesino vicino, in piazza c’erano tanti bambini con cui giocare e poi c’era pure il banchetto delle mele candite.
Un motivo in più per amare quel giorno spensierato era che spesso passavano a trovarli i nonni. Chicca adorava vederli arrivare con la loro automobile tanto buffa e rumorosa, si appostava nel cortile per sentirli arrivare e poi correva ad avvisare tutti, ma voleva essere la prima a salutarli, specialmente ad abbracciare il nonno.
Già il nonno, per lei era un gigante buono, le raccontava sempre mille storie incredibili e la ascoltava, sembrava non stancarsi mai di sentirla parlare. In una delle loro chiacchierate le raccontò degli aeroplani, di come erano fatti e che addirittura c’erano i modellini telecomandati che volavano davvero. Chicca era rapita dal suo racconto, non si capacitava di come fosse possibile che un piccolo aeroplano, senza dentro nessuno che lo guidasse, potesse volare. Così, chiese al nonno se gliene poteva regalare uno o almeno se ne poteva vedere uno dal vero, il nonno accarezzandola sulla testa dolcemente, acconsentì e gli disse che gliene avrebbe fatto costruire uno.
Chicca sognava il suo aeroplanino, lo immaginava volare fino a toccare le nuvole e ancora più su, librarsi in volo insieme alle rondine e ai passerotti, andare in un attimo fino al paesino, vedere la chiesetta dall’alto con il suo campanile e potere quasi toccare la campana. Ogni volta che il nonno veniva a trovarla, le raccontava dei progressi nella costruzione del suo “sogno” volante, una volta le raccontò che era giallo e nero, un’altra che stavano montando l’elica e poi che lo stavano assemblando. Ogni volta, lei sognavo di farlo volare più lontano, oltre il paesino, verso la città e poi in posti fantastici di cui non sapeva neppure i nomi.
Passarono le settimane ma, quando chiedeva al nonno del suo aeroplanino, lui le rispondeva sempre che era quasi pronto, ma in realtà non lo era mai.
Una domenica la piccola Chicca prese il coraggio e chiese al nonno se il suo aeroplanino fosse volato via senza aspettarla e lui le rispose semplicemente di sì.
La piccola lo guardò negli occhi e lo abbracciò stretto, non aveva avuto il suo regalo ma nello stesso tempo aveva avuto tanto di più, insieme a lui aveva giocato, sognato e volato quasi fino a toccare le stelle.
Non riuscì mai a sapere perché il nonno non le avesse donato il regalo tanto desiderato, forse non le interessava neppure scoprirlo, perché in realtà le aveva fatto assaporare la felicità pura cioè l’attimo prima della realizzazione di un sogno piccolo o grande che sia.
Pur con qualche modifica è tratto da una storia vera raccontatami proprio ieri sera e dedicato alla mia mamma che sa trovare il bello in tutto sempre e comunque.
P.S.: Chicca ha avuto un fratellino, cioè mio zio, un persona buona e tanto saggia!