I racconti del LeD!
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Apocalisse Blu
Una notte cupa, senza stelle, gravava sull’addormentata città di Trafalmignòt.
Neanche la luna rischiarava un po’ il fosco panorama perchè coperta da minacciose nubi. Nel vicino bosco di Merdràl i gufi e le civette intonavano il loro sinistro concerto fatto di striduli versi, mentre i lupi si aggiravano affamati tra gli alberi e i cespugli.
In una radura di detto bosco si erano accampati alla bell’e meglio Belisario di Cappadocia, valoroso cavaliere errante e il suo fedele scudiero Crapone Menefegazzo.
Presto l’aurora dalle dita rosate venne a scacciare quell’atmosfera demoniaca offrendo l’unico spettacolo che sia riuscito a Dio nella Creazione.
A oriente, come al solito, sorse il poderoso astro solare che con i suoi raggi andò a bussare, delicatamente, sulle palpebre di Belisario.
Costui aprì gli occhi, stiracchiò le braccia e balzò in piedi con slancio. Prese la bisaccia e si bagnò vigorosamente il viso. Poi a gran voce chiamò Crapone. “Ehy, Crapone, sveglia! Ci aspetta un’altra gloriosa giornata piena di fantastiche avventure!”
“Mi scusi, vossignoria,” disse Crapone con la voce ancora impastata dal sonno, "prima delle avventure non potremmo fare una tappa alla locanda? Son due giorni che non mangiamo...”
“Taci, o gretto plebeo! Quello che conta sono le imprese memorabili! Mangeremo quando capiterà. Vai a prendere i cavalli, ci aspetta una lunga cavalcata verso la lontana città di Postriboli."
Crapone, ammutolito dalla sferzata del suo padrone, andò a prendere i cavalli mente lo stomaco emetteva l’ormai consueto brontolio.
Dopo circa tre ore che cavalcavavo, i nostri eroi giunsero nei pressi del fiume Olezz e Belisario decise di fare lì la prima sosta per riposare le stanche membra e far abbeverare i cavalli.
Indi smontarono e con le briglie in mano si diressero verso il fiume quando, sulla riva, scorsero un poderoso cavallo nero.
“Guardi Signore, che bel cavallo!”, disse Crapone entusiasta.
“Sssh, Crapone! Non fare rumore. Voglio avvicinarmi piano piano, per catturarlo. E’ davvero una magnifica bestia. Lo monterò io e a te darò il mio così non sarai più costretto a stare sulla groppa di quel ronzino fetente.”
“Grazie, Signore.”
“Prego, ma sta fermo e zitto. Non vorrei che la nostra preda scappasse.”
Crapone serrò le labbra e restò immobile come una statua di cera mentre Belisario quatto quatto si avvicinava allo stallone nero. Dopo che il prode cavaliere ebbe fatto qualche passo il cavallo nero alzò la testa e guardò Belisario continuando a ruminare la sua erba. Belisario si arrestò e fissò negli occhi il cavallo. Continuarono a fissarsi per un po’ finchè il cavallo disse: “E allora? Che facciamo?”
A Crapone per poco non prese una sincope e spaventato urlò: “Signore il cavallo ha parlato!!”
“Ho sentito, Crapone. Guarda; ha una stella bianca sulla fronte. Dev’essere il leggendario Ducefalo, il cavallo magico.” Poi si rivolse all’equino parlante. “Sei tu Ducefalo, il cavallo dai mille prodigi?”
“Sì, sono Ducefalo, ma perchè dici mille prodigi? L’unico prodigio che faccio è che riesco a godere anche se mi hanno castrato da cucciolo.”
“Ah, e come fai?”
“Azo la coda."
Una notte cupa, senza stelle, gravava sull’addormentata città di Trafalmignòt.
Neanche la luna rischiarava un po’ il fosco panorama perchè coperta da minacciose nubi. Nel vicino bosco di Merdràl i gufi e le civette intonavano il loro sinistro concerto fatto di striduli versi, mentre i lupi si aggiravano affamati tra gli alberi e i cespugli.
In una radura di detto bosco si erano accampati alla bell’e meglio Belisario di Cappadocia, valoroso cavaliere errante e il suo fedele scudiero Crapone Menefegazzo.
Presto l’aurora dalle dita rosate venne a scacciare quell’atmosfera demoniaca offrendo l’unico spettacolo che sia riuscito a Dio nella Creazione.
A oriente, come al solito, sorse il poderoso astro solare che con i suoi raggi andò a bussare, delicatamente, sulle palpebre di Belisario.
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“Mi scusi, vossignoria,” disse Crapone con la voce ancora impastata dal sonno, "prima delle avventure non potremmo fare una tappa alla locanda? Son due giorni che non mangiamo...”
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Crapone, ammutolito dalla sferzata del suo padrone, andò a prendere i cavalli mente lo stomaco emetteva l’ormai consueto brontolio.
Dopo circa tre ore che cavalcavavo, i nostri eroi giunsero nei pressi del fiume Olezz e Belisario decise di fare lì la prima sosta per riposare le stanche membra e far abbeverare i cavalli.
Indi smontarono e con le briglie in mano si diressero verso il fiume quando, sulla riva, scorsero un poderoso cavallo nero.
“Guardi Signore, che bel cavallo!”, disse Crapone entusiasta.
“Sssh, Crapone! Non fare rumore. Voglio avvicinarmi piano piano, per catturarlo. E’ davvero una magnifica bestia. Lo monterò io e a te darò il mio così non sarai più costretto a stare sulla groppa di quel ronzino fetente.”
“Grazie, Signore.”
“Prego, ma sta fermo e zitto. Non vorrei che la nostra preda scappasse.”
Crapone serrò le labbra e restò immobile come una statua di cera mentre Belisario quatto quatto si avvicinava allo stallone nero. Dopo che il prode cavaliere ebbe fatto qualche passo il cavallo nero alzò la testa e guardò Belisario continuando a ruminare la sua erba. Belisario si arrestò e fissò negli occhi il cavallo. Continuarono a fissarsi per un po’ finchè il cavallo disse: “E allora? Che facciamo?”
A Crapone per poco non prese una sincope e spaventato urlò: “Signore il cavallo ha parlato!!”
“Ho sentito, Crapone. Guarda; ha una stella bianca sulla fronte. Dev’essere il leggendario Ducefalo, il cavallo magico.” Poi si rivolse all’equino parlante. “Sei tu Ducefalo, il cavallo dai mille prodigi?”
“Sì, sono Ducefalo, ma perchè dici mille prodigi? L’unico prodigio che faccio è che riesco a godere anche se mi hanno castrato da cucciolo.”
“Ah, e come fai?”
“Azo la coda."
quando muoio tu portami il caffè, vedrai che resuscito come Lazzaro (Eduardo De Filippo)
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LeD, ho letto con molta molta attenzione questo racconto e devo dire che la storia e soprattutto il finale sono molto simpatici!LeD ha scritto:Apocalisse Blu
...mi dispiace per il cavallo, però si è adattato bene alla sua situazione ed è questo quello che conta!
Grazie per averlo inserito! Apprezzatissimo, sisisi!
...la testa è rotonda per permettere al pensiero di cambiare direzione!...
...le pagine di questo "libro" vengono scritte ogni giorno...da tutti noi!
...perchè pensare non è reato! Regalami un pensiero...
un anziano che muore è una biblioteca che brucia
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Pazienza? Ma che scherzi? E' soltanto un piacere, te l'assicuro! ...anzi, se ne hai altri, sarei felicissimo di leggerli!LeD ha scritto:grazie raga, sòn contento che vi sia piaciuto e grazie pure per la pazienza!!
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Il giullare ed il 21
Quella mattina, era un lunedì di marzo, ero in classe con i miei compagni aspettando l’arrivo del professor Stronati docente di italiano e gran cacacazzo. Alle interrogazioni era severissimo e se avevi studiato studiato riuscivi a prendere al massimo un sei più.
Invece del malefico insegnante comparve sulla porta il bidello Menchione, vestito come un pescatore fallito col suo puzzolente e lercio maglione blu, il quale ci comunicò che quella mattina il professor Stronati non sarebbe venuto perchè indisposto.
Dopo la grande notizia noi tutti levammo alte grida di giubilo che per poco non fecero andare i vetri delle finestre in frantumi.
Appena il bidello fu andato via la classe subì il solito processo di metamorfosi: la formazione di vari gruppetti.
C’era il gruppetto che parlava di calcio, quello che cianciava di politica, quello che spettegolava sui flirt (inesistenti) tra i ragazzi e le ragazze. Il gruppo più cospicuo e rumoroso era quello che si riuniva per giocare al nomi, cose, città.
Io non facevo parte di nessun gruppetto, semplicemente me ne stavo seduto al mio banco fantasticando su qualsiasi cosa mi venisse in mente.
Mentre guardavo fuori scrutando il cielo blu blu blu, si venne a sedere vicino a me la lettera ZETA.
Era di un bel rosso fuoco con gli occhietti azzurri e un fiocchetto lilla sullo spigolo superiore.
“Ciao LeD!!”
“Uè, ciao Zeta, qual buon vento?”
“Eh, LeD, la solita storia. I ragazzi mi hanno escluso dal foglio delle lettere perchè asseriscono che con me non c’è sfizio a giocare dato che non ci sono parole con la mia iniziale.”
“Bè, non è vero. Sono rare, ma esistono. Solo che lo sai come son fatti i giovani d’oggi. Non hanno nessuna voglia di spremere un po’ le meningi, vogliono tutto facile.”
“Sì, hai ragione. Ma forse ripensandoci non hanno tutti i torti. Già il nome, per esempio, è così difficile. A me non me ne viene in mente nessuno.”
“C’è Zoroastro.”
“Uhm. E una cosa?”
“La zattera.”
“Ah. E la città?”
“Zafferana Etnea.”
“E il mestiere?”
“Lo zappatore.”
"E lo scrittore?"
"Zola."
“E il calciatore?
“Zoff.”
“Wow, manca solo l’animale!!”
“E’ facile, la zebra.”
“Eh, eh, eh conoscendoti credevo avresti detto la zoccola!!”
“No, no, altrimenti dicono che trombo poco perchè parlo sempre di mia sorella.”
Quella mattina, era un lunedì di marzo, ero in classe con i miei compagni aspettando l’arrivo del professor Stronati docente di italiano e gran cacacazzo. Alle interrogazioni era severissimo e se avevi studiato studiato riuscivi a prendere al massimo un sei più.
Invece del malefico insegnante comparve sulla porta il bidello Menchione, vestito come un pescatore fallito col suo puzzolente e lercio maglione blu, il quale ci comunicò che quella mattina il professor Stronati non sarebbe venuto perchè indisposto.
Dopo la grande notizia noi tutti levammo alte grida di giubilo che per poco non fecero andare i vetri delle finestre in frantumi.
Appena il bidello fu andato via la classe subì il solito processo di metamorfosi: la formazione di vari gruppetti.
C’era il gruppetto che parlava di calcio, quello che cianciava di politica, quello che spettegolava sui flirt (inesistenti) tra i ragazzi e le ragazze. Il gruppo più cospicuo e rumoroso era quello che si riuniva per giocare al nomi, cose, città.
Io non facevo parte di nessun gruppetto, semplicemente me ne stavo seduto al mio banco fantasticando su qualsiasi cosa mi venisse in mente.
Mentre guardavo fuori scrutando il cielo blu blu blu, si venne a sedere vicino a me la lettera ZETA.
Era di un bel rosso fuoco con gli occhietti azzurri e un fiocchetto lilla sullo spigolo superiore.
“Ciao LeD!!”
“Uè, ciao Zeta, qual buon vento?”
“Eh, LeD, la solita storia. I ragazzi mi hanno escluso dal foglio delle lettere perchè asseriscono che con me non c’è sfizio a giocare dato che non ci sono parole con la mia iniziale.”
“Bè, non è vero. Sono rare, ma esistono. Solo che lo sai come son fatti i giovani d’oggi. Non hanno nessuna voglia di spremere un po’ le meningi, vogliono tutto facile.”
“Sì, hai ragione. Ma forse ripensandoci non hanno tutti i torti. Già il nome, per esempio, è così difficile. A me non me ne viene in mente nessuno.”
“C’è Zoroastro.”
“Uhm. E una cosa?”
“La zattera.”
“Ah. E la città?”
“Zafferana Etnea.”
“E il mestiere?”
“Lo zappatore.”
"E lo scrittore?"
"Zola."
“E il calciatore?
“Zoff.”
“Wow, manca solo l’animale!!”
“E’ facile, la zebra.”
“Eh, eh, eh conoscendoti credevo avresti detto la zoccola!!”
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Mannaggia mannaggia! LeD, avrei dovuto leggerlo molto molto tempo fa questo tuo racconto! Mi ricordo il gioco dei nomi, cose e città e in effetti la Z non era mai vista di buon occhio...anzi, il più delle volte si scartava perchè ritenuta difficile!LeD ha scritto:Il giullare ed il 21
Molto simpatico e divertente nel complesso! Mi piace e arrivato alla fine ho sorriso! Bravissimo!
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Re: Il Quaderno Dei Racconti...
Lu guardianu
Non me ne ero andato per cercare lavoro né miglior fortuna. Non me ne ero andato per vedere il mondo né per fare esperienze o chissà per quale altro motivo che si è soliti addurre per le partenze dal luogo natio.
Me ne andai per amore, anzi, per una delusione d’amore.
Solo che mi vergognavo, e mi vergogno ancora, per questo e quindi sul bigliettino d’addio lasciato alla famiglia scrissi che partivo per cercare me stesso e che sarei tornato il prima possibile.
Con questa “scusa”, non volendo, depistai pure i miei che si misero ovviamente a cercarmi.
Sì perchè loro credettero che fossi andato in India o in Nepal mentre io mi diressi verso l’Italia centrale e mi fermai appena trovai delle colline verdi e deserte.
Passai quattro o cinque giorni vivendo come un selvaggio vestito firmato, ma dopo un po’ quella vita cominciò a pesarmi.
La frutta che mangiavo e l’acqua del fiume che bevevo non mi bastavano. Con la luna m’ero detto tutto e, motivo dominante, ero stufo di stare solo e di pensare a lei. Avevo bisogno della comunità umana, per distrarmi non per altro.
E così mi incamminai alla ricerca del primo paese.
Trottano, trottano le mie gambine arrivai a Trussole.
Esso era un classico paesino di mezza montagna con poche case, una chiesa che dominava il tutto e anziani in soprannumero con lo sguardo mezzo stupito e mezzo incazzato. Le strade pavimentate apposta per farti inciampare o salivano e ti andava via la milza o scendevano aspettando che ti rompessi l’osso del collo.
Per prima cosa dovevo cercarmi un lavoro e quindi andai da colui che in città non serve più a un cazzo, ma che nei paesini ha ancora una grande importanza e autorità: il parroco.
Entrai nella chiesetta, bagnai le dita nell’acquasantiera e mi segnai; spero nel modo giusto perchè non ricordo mai se bisogna toccarsi prima la spalla sinistra o quella destra.
Non c’era nessuno nei paraggi e così mi avviai verso l’altare per cercare la sacrestia e qualche persona oltre i santi, la madonna e cristo.
Mentre mi avvicinavo ai primi banchi, dalla navata destra uscì un prete molto anziano e tuttavia dalla corporatura robusta e dall’andatura decisa.
Mi feci coraggio e l’affrontai.
“Buon giorno padre.”
“Buon giorno a te, figliolo. Non sei di queste parti, vero?”
“No, padre, sono forestiero. Sto facendo un giro per l’Italia. Così, per vedere cose nuove.”
Il prete mi guardò con un sorriso bonario. “Ah, ah, ah. E cosa c’è da vedere qui a Trussole?”
“Bè, padre, a Trussole ci sono finito per caso. Ecco, come dire, vorrei passare un po’ di tempo qui per ritemprarmi dalla stressante vita cittadina. Cerco lavoro. Credevo lei potesse consigliarmi...”
“Ma certo, figliolo. Come ti chiami?”
“LeD”.
“Caro LeD, io sono padre Onofrio. Dunque vediamo un po’... te la sentiresti di fare il pastore?”
“Ma certo, padre!”
“Guarda che non è un lavoro facile. Passerai molto tempo da solo e non avrai nulla da fare tranne che guardare le pecore.”
“Va benissimo padre, mi porterò un libro.”
“Ah, bravo! E cosa leggerai?”
“Ho seguito il consiglio di Goethe che dice: Quando vai in campagna leggi solo Omero”.
“Toh! Non la sapevo questa! E cosa hai scelto l’Iliade o l’Odissea?”
“L’Odissea, padre.”
“E, scusa la mia curiosità, perchè proprio l’Odissea?”
“Bè, perchè lì almeno c’è qualche scena di sesso.”
Non me ne ero andato per cercare lavoro né miglior fortuna. Non me ne ero andato per vedere il mondo né per fare esperienze o chissà per quale altro motivo che si è soliti addurre per le partenze dal luogo natio.
Me ne andai per amore, anzi, per una delusione d’amore.
Solo che mi vergognavo, e mi vergogno ancora, per questo e quindi sul bigliettino d’addio lasciato alla famiglia scrissi che partivo per cercare me stesso e che sarei tornato il prima possibile.
Con questa “scusa”, non volendo, depistai pure i miei che si misero ovviamente a cercarmi.
Sì perchè loro credettero che fossi andato in India o in Nepal mentre io mi diressi verso l’Italia centrale e mi fermai appena trovai delle colline verdi e deserte.
Passai quattro o cinque giorni vivendo come un selvaggio vestito firmato, ma dopo un po’ quella vita cominciò a pesarmi.
La frutta che mangiavo e l’acqua del fiume che bevevo non mi bastavano. Con la luna m’ero detto tutto e, motivo dominante, ero stufo di stare solo e di pensare a lei. Avevo bisogno della comunità umana, per distrarmi non per altro.
E così mi incamminai alla ricerca del primo paese.
Trottano, trottano le mie gambine arrivai a Trussole.
Esso era un classico paesino di mezza montagna con poche case, una chiesa che dominava il tutto e anziani in soprannumero con lo sguardo mezzo stupito e mezzo incazzato. Le strade pavimentate apposta per farti inciampare o salivano e ti andava via la milza o scendevano aspettando che ti rompessi l’osso del collo.
Per prima cosa dovevo cercarmi un lavoro e quindi andai da colui che in città non serve più a un cazzo, ma che nei paesini ha ancora una grande importanza e autorità: il parroco.
Entrai nella chiesetta, bagnai le dita nell’acquasantiera e mi segnai; spero nel modo giusto perchè non ricordo mai se bisogna toccarsi prima la spalla sinistra o quella destra.
Non c’era nessuno nei paraggi e così mi avviai verso l’altare per cercare la sacrestia e qualche persona oltre i santi, la madonna e cristo.
Mentre mi avvicinavo ai primi banchi, dalla navata destra uscì un prete molto anziano e tuttavia dalla corporatura robusta e dall’andatura decisa.
Mi feci coraggio e l’affrontai.
“Buon giorno padre.”
“Buon giorno a te, figliolo. Non sei di queste parti, vero?”
“No, padre, sono forestiero. Sto facendo un giro per l’Italia. Così, per vedere cose nuove.”
Il prete mi guardò con un sorriso bonario. “Ah, ah, ah. E cosa c’è da vedere qui a Trussole?”
“Bè, padre, a Trussole ci sono finito per caso. Ecco, come dire, vorrei passare un po’ di tempo qui per ritemprarmi dalla stressante vita cittadina. Cerco lavoro. Credevo lei potesse consigliarmi...”
“Ma certo, figliolo. Come ti chiami?”
“LeD”.
“Caro LeD, io sono padre Onofrio. Dunque vediamo un po’... te la sentiresti di fare il pastore?”
“Ma certo, padre!”
“Guarda che non è un lavoro facile. Passerai molto tempo da solo e non avrai nulla da fare tranne che guardare le pecore.”
“Va benissimo padre, mi porterò un libro.”
“Ah, bravo! E cosa leggerai?”
“Ho seguito il consiglio di Goethe che dice: Quando vai in campagna leggi solo Omero”.
“Toh! Non la sapevo questa! E cosa hai scelto l’Iliade o l’Odissea?”
“L’Odissea, padre.”
“E, scusa la mia curiosità, perchè proprio l’Odissea?”
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Re: Il Quaderno Dei Racconti...
Ehehehe...è troppo simpatico anche questo breve racconto, LeD! Bravissimo!LeD ha scritto:Lu guardianu
...ogni volta che leggo un tuo lavoro, alla fine esplode sempre un sorriso spontaneo e graditissimo! Grande!
Sai, non mi ricordavo mica che nell'Odissea ci fosse una scena di sesso! L'ho letta per un periodo a scuola...strano che mi sia sfuggita!
...la testa è rotonda per permettere al pensiero di cambiare direzione!...
...le pagine di questo "libro" vengono scritte ogni giorno...da tutti noi!
...perchè pensare non è reato! Regalami un pensiero...
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Re: Il Quaderno Dei Racconti...
Complimenti anche per questa storia Led!
Dalla bugia iniziale detta a fin di bene ad una chiusura inaspettata con citazione.
Dalla bugia iniziale detta a fin di bene ad una chiusura inaspettata con citazione.
Sono un Sagittario con quattro zampe, una coda, arco e freccia!
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Re: Il Quaderno Dei Racconti...
Citazione che mi è piaciuta soprattutto perchè non la conoscevo!bancarella ha scritto:...ad una chiusura inaspettata con citazione.
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