Eheheheh...credo siano andati a ruba! E' il miglior lavoro di sempre!Vianne ha scritto:Leggo solo ora... dite che ci sono ancora posti disponibili?
Studi strani
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Re: Studi strani
Sono un Sagittario con quattro zampe, una coda, arco e freccia!
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Re: Studi strani
...la testa è rotonda per permettere al pensiero di cambiare direzione!...
...le pagine di questo "libro" vengono scritte ogni giorno...da tutti noi!
...perchè pensare non è reato! Regalami un pensiero...
un anziano che muore è una biblioteca che brucia
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Re: Studi strani
No, vabbé, non lo farei mai!
Tremila euro in 3 giorni: trasferte in Svizzera a far le cavie nei laboratori
Mangiare ottimo, personale cordiale, camere decorose. «E poi vuoi mettere, laria della Svizzera è più buona», dice Luca. Non è la descrizione di una tranquilla vacanza in un hotel oltralpe. Luca, 21 anni, studente universitario milanese, sta parlando dellIpas di Ligornetto. Una clinica privata per sperimentazioni di farmaci su persone sane. Luca è una cavia umana.
Gli esperti la chiamano Fase 1. È uno dei passaggi necessari per testare lefficienza e la pericolosità di un medicinale. Gli scienziati giurano sia indispensabile e priva di rischi. In pratica si somministrano nuovi farmaci per verificarne gli effetti su di un corpo sano. Luca è il corpo sano in questione. «Ci sono andato solo una volta. I miei genitori non lo sanno neanche. Mi hanno pagato 600 euro per due giorni». Fa niente se è stato bombardato di antibiotici. Per alcune sperimentazioni più «pesanti» si arriva a guadagnare anche tremila euro. Il gioco vale la candela. «Ho potuto pagarmi laffitto di un mese e mezzo con quanto ho guadagnato. Facendo il cameriere avrei dovuto lavorare almeno venti giorni per tirare su gli stessi soldi».
La felicità di Luca è quella di molti universitari milanesi. Pendolari che oltrepassano la frontiera nel weekend per vendere la propria salute a suon di franchi svizzeri. Il rischio non lo calcolano neanche. Se gli racconti di quei sei poveri ragazzi finiti in coma dopo una sperimentazione di farmaci per la cura dellartrite reumatoide a Londra nel 2006, Luca aggrotta le ciglia, ma non si preoccupa più di tanto. «Sul serio è successo? Boh, sarà stato un caso». L85 per cento dei volontari per test di Fase 1 in Svizzera sono italiani. Quasi tutti studenti o disoccupati. Chi insomma è alla ricerca disperata di quattrini. Tanti vengono da Milano. Le cliniche sono appena al di là del confine, quasi tutte in piccoli paesi di poche migliaia di anime. Luoghi isolati dalle polemiche come Ligornetto, Arzo o Savosa. I ragazzi vengono reclutati via Internet, ma spesso è il passaparola negli atenei ad attirare la maggior parte delle cavie.
«Io ne sono venuta a conoscenza in università», dice Manuela (il nome è di fantasia), 23 anni. Pochi mesi fa è stata alla Cross research di Arzo. Si è sottoposta a una nuova cura a base di Voltaren. «Sono stata lì tre giorni per 24 ore. Mi hanno fatto una puntura al giorno alla gamba e mi sottoponevano di continuo a controlli e prelievi», spiega. Tutto è filato liscio? «Lì sono molto professionali. Appena conclusa la sperimentazione mi hanno messo in mano 700 euro in valuta svizzera. Poi però ho avvertito qualche dolore e la gamba mi si è gonfiata nei giorni successivi. Mi sentivo un po intontita. Per fortuna il malessere è durato poco e oggi sto benone».
Ma perché andare in Svizzera e non in Italia? Semplice, qui la ricerca di Fase 1 non è ancora decollata. Fu ammessa nel 1998 dallallora ministro Rosy Bindi in ogni Ircss del Paese. Ma nel 2006 su 750 test su persone, solo il 2,3 per cento era di Fase 1, cioè su volontari sani. Gli altri erano su malati. Oggi vigilano sulla pratica 61 comitati etici in Lombardia e 309 in tutta Italia. «Anche io mi ero informata - racconta Manuela -. Ma qui da noi è più difficile essere reclutata. Si fanno pochi esperimenti a cui si sottopongono quasi sempre gli stessi ricercatori. Ho sentito di qualche possibilità a Catania e Pisa, ma erano lontane. Così ho seguito dei miei amici in Svizzera».
Ogni volontario sano può sottoporsi al massimo a tre sperimentazioni, ognuna distanziata di almeno novanta giorni dallaltra. Ma in tanti giurano di aver conosciuto ragazzi che hanno fatto anche cinque test. Curioso che le cavie umane abbondino anche in gruppi universitari di Comunione e liberazione. «Io sono appartenente a Cl, ma sono andata comunque in Svizzera. Me lhanno proprio segnalato degli altri affiliati che lo hanno fatto prima di me», dice Lucia, 21 anni, che studia alla Statale. Ma non va contro la tua etica religiosa? «In verità non ci ho pensato. Forse sì, in effetti. Non credo sia giusto abusare del proprio corpo. Ma in quel momento ho pensato solo ai soldi facili». È proprio su questo che puntano le cliniche. Guadagni rapidi in cambio della propria salute. Ma davvero vale la pena?
fonte: Il Giornale
Tremila euro in 3 giorni: trasferte in Svizzera a far le cavie nei laboratori
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Gli esperti la chiamano Fase 1. È uno dei passaggi necessari per testare lefficienza e la pericolosità di un medicinale. Gli scienziati giurano sia indispensabile e priva di rischi. In pratica si somministrano nuovi farmaci per verificarne gli effetti su di un corpo sano. Luca è il corpo sano in questione. «Ci sono andato solo una volta. I miei genitori non lo sanno neanche. Mi hanno pagato 600 euro per due giorni». Fa niente se è stato bombardato di antibiotici. Per alcune sperimentazioni più «pesanti» si arriva a guadagnare anche tremila euro. Il gioco vale la candela. «Ho potuto pagarmi laffitto di un mese e mezzo con quanto ho guadagnato. Facendo il cameriere avrei dovuto lavorare almeno venti giorni per tirare su gli stessi soldi».
La felicità di Luca è quella di molti universitari milanesi. Pendolari che oltrepassano la frontiera nel weekend per vendere la propria salute a suon di franchi svizzeri. Il rischio non lo calcolano neanche. Se gli racconti di quei sei poveri ragazzi finiti in coma dopo una sperimentazione di farmaci per la cura dellartrite reumatoide a Londra nel 2006, Luca aggrotta le ciglia, ma non si preoccupa più di tanto. «Sul serio è successo? Boh, sarà stato un caso». L85 per cento dei volontari per test di Fase 1 in Svizzera sono italiani. Quasi tutti studenti o disoccupati. Chi insomma è alla ricerca disperata di quattrini. Tanti vengono da Milano. Le cliniche sono appena al di là del confine, quasi tutte in piccoli paesi di poche migliaia di anime. Luoghi isolati dalle polemiche come Ligornetto, Arzo o Savosa. I ragazzi vengono reclutati via Internet, ma spesso è il passaparola negli atenei ad attirare la maggior parte delle cavie.
«Io ne sono venuta a conoscenza in università», dice Manuela (il nome è di fantasia), 23 anni. Pochi mesi fa è stata alla Cross research di Arzo. Si è sottoposta a una nuova cura a base di Voltaren. «Sono stata lì tre giorni per 24 ore. Mi hanno fatto una puntura al giorno alla gamba e mi sottoponevano di continuo a controlli e prelievi», spiega. Tutto è filato liscio? «Lì sono molto professionali. Appena conclusa la sperimentazione mi hanno messo in mano 700 euro in valuta svizzera. Poi però ho avvertito qualche dolore e la gamba mi si è gonfiata nei giorni successivi. Mi sentivo un po intontita. Per fortuna il malessere è durato poco e oggi sto benone».
Ma perché andare in Svizzera e non in Italia? Semplice, qui la ricerca di Fase 1 non è ancora decollata. Fu ammessa nel 1998 dallallora ministro Rosy Bindi in ogni Ircss del Paese. Ma nel 2006 su 750 test su persone, solo il 2,3 per cento era di Fase 1, cioè su volontari sani. Gli altri erano su malati. Oggi vigilano sulla pratica 61 comitati etici in Lombardia e 309 in tutta Italia. «Anche io mi ero informata - racconta Manuela -. Ma qui da noi è più difficile essere reclutata. Si fanno pochi esperimenti a cui si sottopongono quasi sempre gli stessi ricercatori. Ho sentito di qualche possibilità a Catania e Pisa, ma erano lontane. Così ho seguito dei miei amici in Svizzera».
Ogni volontario sano può sottoporsi al massimo a tre sperimentazioni, ognuna distanziata di almeno novanta giorni dallaltra. Ma in tanti giurano di aver conosciuto ragazzi che hanno fatto anche cinque test. Curioso che le cavie umane abbondino anche in gruppi universitari di Comunione e liberazione. «Io sono appartenente a Cl, ma sono andata comunque in Svizzera. Me lhanno proprio segnalato degli altri affiliati che lo hanno fatto prima di me», dice Lucia, 21 anni, che studia alla Statale. Ma non va contro la tua etica religiosa? «In verità non ci ho pensato. Forse sì, in effetti. Non credo sia giusto abusare del proprio corpo. Ma in quel momento ho pensato solo ai soldi facili». È proprio su questo che puntano le cliniche. Guadagni rapidi in cambio della propria salute. Ma davvero vale la pena?
fonte: Il Giornale
...la testa è rotonda per permettere al pensiero di cambiare direzione!...
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...perchè pensare non è reato! Regalami un pensiero...
un anziano che muore è una biblioteca che brucia
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Re: Studi strani
Passo. Meglio lo studio sul sonno.
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Re: Studi strani
Indubbiamente anch'io! Molto meglio guadagnare per dormire!bancarella ha scritto:Passo. Meglio lo studio sul sonno.
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Re: Studi strani
Ok, tutti a prendere l'autobus per dimagrire!
Tre chili in meno se si usano i mezzi pubblici
Una ricerca inglese conferma i benefici sulla salute per chi lascia l’auto a casa per recarsi al lavoro. Servono politiche pubbliche adeguate, enfatizzano gli scienziati
Fonte completa dell'articolo: Corriere della sera
Tre chili in meno se si usano i mezzi pubblici
Una ricerca inglese conferma i benefici sulla salute per chi lascia l’auto a casa per recarsi al lavoro. Servono politiche pubbliche adeguate, enfatizzano gli scienziati
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Re: Studi strani
Non è male e fa bene anche all'ambiente se circolano meno macchine
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Re: Studi strani
Già, vero, a questo non avevo pensato!bancarella ha scritto:Non è male e fa bene anche all'ambiente se circolano meno macchine
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Re: Studi strani
Sicuramente è la notizia più interessante di oggi pubblicata sul corriere!
Esplora il significato del termine: Dal peperoncino un aiuto per ridurre l’appetito di chi deve stare a dietaDal peperoncino un aiuto per ridurre l’appetito di chi deve stare a dieta
Corriere della sera
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Re: Studi strani
Uno studio sui tassisti inglesi spiega perché non ci si perde
Il senso dell’orientamento è condizionato da una zona del cervello che regola la nostra «bussola» interna, indicando la direzione giusta e come raggiungerla
Alcuni hanno un maggior senso di orientamento rispetto ad altri, ma finora non era chiaro il perché. Ricercatori dell’University College di Londra hanno individuato la zona del cervello che ci indica la «navigazione» giusta. Uno studio pubblicato su Current Biology, finanziato dalla Fondazione “Wellcome Trust”, dimostra che la potenza e l’affidabilità dei segnali cerebrali variano da persona a persona e possono predire l’abilità ad orientarsi. Per raggiungere con successo una destinazione, occorre sapere qual è la strada giusta e in che direzione dirigersi per esempio verso il nord o l’est. Già si sapeva che i mammiferi hanno cellule cerebrali che indicano la direzione corretta, una scoperta che quest’anno ha fatto vincere il premio Nobel per la medicina e la fisiologia al professor John O’Keefe dell’University College di Londra e ai coniugi Moser dell’Università norvegese di Trondheim. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno verificato che il senso di orientamento dipende dai «comandi» di un’area del cervello chiamata regione entorinale: indicherebbe, infatti, quale direzione prendere per raggiungere la meta.
fonte completa: Corriere della sera
Il senso dell’orientamento è condizionato da una zona del cervello che regola la nostra «bussola» interna, indicando la direzione giusta e come raggiungerla
Alcuni hanno un maggior senso di orientamento rispetto ad altri, ma finora non era chiaro il perché. Ricercatori dell’University College di Londra hanno individuato la zona del cervello che ci indica la «navigazione» giusta. Uno studio pubblicato su Current Biology, finanziato dalla Fondazione “Wellcome Trust”, dimostra che la potenza e l’affidabilità dei segnali cerebrali variano da persona a persona e possono predire l’abilità ad orientarsi. Per raggiungere con successo una destinazione, occorre sapere qual è la strada giusta e in che direzione dirigersi per esempio verso il nord o l’est. Già si sapeva che i mammiferi hanno cellule cerebrali che indicano la direzione corretta, una scoperta che quest’anno ha fatto vincere il premio Nobel per la medicina e la fisiologia al professor John O’Keefe dell’University College di Londra e ai coniugi Moser dell’Università norvegese di Trondheim. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno verificato che il senso di orientamento dipende dai «comandi» di un’area del cervello chiamata regione entorinale: indicherebbe, infatti, quale direzione prendere per raggiungere la meta.
fonte completa: Corriere della sera
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Re: Studi strani
Giusto farlo sui tassisti, se si perdono loro c'è qualcosa che non va
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Re: Studi strani
Eheheheh...in effetti risulterebbe strano ma se dovesse capitare potrebbero usare il navigatore!bancarella ha scritto:Giusto farlo sui tassisti, se si perdono loro c'è qualcosa che non va
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Re: Studi strani
Ma pensa, nessuno avrebbe mai immaginato che esiste una cosa chiamata senso dell'orientamente, che ha sede in una certa zona del cervello e che le persone possono avere tale capacità più o meno accentuata...Mac La Mente ha scritto:Uno studio sui tassisti inglesi spiega perché non ci si perde
Il senso dell’orientamento è condizionato da una zona del cervello che regola la nostra «bussola» interna, indicando la direzione giusta e come raggiungerla
Ogni tanto fanno delle scoperte al cui confronto quella dell'acqua calda sembra eccezionale
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So that when they turn their backs on you
You'll get the chance to put the knife in
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Re: Studi strani
Ehmmm...lo faccio sempre e a volte le dita le sento più leggere dopo...spero di non sbagliare tanto!
Scrocchiarsi le dita: abitudine nociva o innocua?
Il caratteristico rumore non è legato alle ossa: in realtà sono bolle che scoppiano all’interno del liquido delle articolazioni
Si narra che Franz Liszt, il celebre compositore ungherese, fosse solito, prima di esibirsi al pianoforte, scrocchiarsi le dita per rendere più fluide le mani. Un’abitudine che hanno in molti e che dà una certa soddisfazione. Il gesto, diffuso soprattutto tra gli adolescenti, viene spesso ripetuto anche in età adulta, come antidoto ad ansia, stress, insicurezza, noia. Ma non tutti compiono questo movimento con la stessa disinvoltura: riesce semplice a chi ha ampio spazio tra le giunture, più difficile a chi ha spazi ristretti.
Cosa accade quando ci si scrocchia le dita
Scrocchiarsi le dita (ma anche il ginocchio, il gomito, il polso, il collo) non ha nulla a che fare con le ossa in senso stretto, come alcuni credono, ma riguarda le articolazioni, strutture costituite da due o più superfici cartilaginee separate dal liquido sinoviale, una sottile pellicola che agisce come un lubrificante, e tenute insieme da elementi come la capsula, i legamenti e i tendini. «Una trazione dell’articolazione, come lo stato di massima flessione, comporta una modifica della pressione del liquido sinoviale che già si trova in un ambiente a pressione negativa», spiega Maurilio Bruno, responsabile dell’unità operativa di Chirurgia della mano II dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi (Gruppo Ospedaliero San Donato). «Se la pressione idrostatica aumenta, i gas contenuti in soluzione nel liquido, come diossido di carbonio e idrogeno, si riuniscono raccogliendosi in bolle. La rottura di queste bolle è accompagnata dal caratteristico rumore secco che sentiamo». Dopo il croc, i gas tornano lentamente in soluzione per essere poi disponibili di nuovo a trasformarsi in bolle: il tutto richiede circa 20 minuti e ciò spiega perché, dopo essersi scrocchiati le dita, bisogna aspettare un po’ prima di poter ripetere il gesto.
Nocivo o innocuo?
Un tempo le mamme raccomandavano ai figli di non scrocchiarsi le dita, pensando che questa abitudine potesse causare nocche ingrossate e mani deformate. Un timore non suffragato da studi scientifici: infatti gli esperti sono oggi concordi nell’affermare che scrocchiarsi le dita non provoca alterazioni degenerative delle cartilagini (artrosi) o infiammazioni (artriti). Alcuni studiosi sottolineano però come, a lungo andare, questa abitudine possa provocare piccoli disturbi alle mani, come gonfiore, indolenzimento, leggera diminuzione della forza. «In realtà si tratta di un fenomeno che ci fornisce informazioni sulla particolare lassità dei legamenti di alcune persone», aggiunge Bruno, «che per questo potrebbero andare incontro nel tempo a fenomeni di usura delle cartilagini articolari». Niente di grave, insomma.
Se però si decide di smettere, si può provare a tenere le mani il più possibile occupate, ad esempio giocherellando con una matita, con una moneta o con una pallina antistress. In alternativa, si può tenere con sé una crema per le mani, da spalmare ogni volta che viene la tentazione di sentire di nuovo croc.
fonte: Corriere della sera
Scrocchiarsi le dita: abitudine nociva o innocua?
Il caratteristico rumore non è legato alle ossa: in realtà sono bolle che scoppiano all’interno del liquido delle articolazioni
Si narra che Franz Liszt, il celebre compositore ungherese, fosse solito, prima di esibirsi al pianoforte, scrocchiarsi le dita per rendere più fluide le mani. Un’abitudine che hanno in molti e che dà una certa soddisfazione. Il gesto, diffuso soprattutto tra gli adolescenti, viene spesso ripetuto anche in età adulta, come antidoto ad ansia, stress, insicurezza, noia. Ma non tutti compiono questo movimento con la stessa disinvoltura: riesce semplice a chi ha ampio spazio tra le giunture, più difficile a chi ha spazi ristretti.
Cosa accade quando ci si scrocchia le dita
Scrocchiarsi le dita (ma anche il ginocchio, il gomito, il polso, il collo) non ha nulla a che fare con le ossa in senso stretto, come alcuni credono, ma riguarda le articolazioni, strutture costituite da due o più superfici cartilaginee separate dal liquido sinoviale, una sottile pellicola che agisce come un lubrificante, e tenute insieme da elementi come la capsula, i legamenti e i tendini. «Una trazione dell’articolazione, come lo stato di massima flessione, comporta una modifica della pressione del liquido sinoviale che già si trova in un ambiente a pressione negativa», spiega Maurilio Bruno, responsabile dell’unità operativa di Chirurgia della mano II dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi (Gruppo Ospedaliero San Donato). «Se la pressione idrostatica aumenta, i gas contenuti in soluzione nel liquido, come diossido di carbonio e idrogeno, si riuniscono raccogliendosi in bolle. La rottura di queste bolle è accompagnata dal caratteristico rumore secco che sentiamo». Dopo il croc, i gas tornano lentamente in soluzione per essere poi disponibili di nuovo a trasformarsi in bolle: il tutto richiede circa 20 minuti e ciò spiega perché, dopo essersi scrocchiati le dita, bisogna aspettare un po’ prima di poter ripetere il gesto.
Nocivo o innocuo?
Un tempo le mamme raccomandavano ai figli di non scrocchiarsi le dita, pensando che questa abitudine potesse causare nocche ingrossate e mani deformate. Un timore non suffragato da studi scientifici: infatti gli esperti sono oggi concordi nell’affermare che scrocchiarsi le dita non provoca alterazioni degenerative delle cartilagini (artrosi) o infiammazioni (artriti). Alcuni studiosi sottolineano però come, a lungo andare, questa abitudine possa provocare piccoli disturbi alle mani, come gonfiore, indolenzimento, leggera diminuzione della forza. «In realtà si tratta di un fenomeno che ci fornisce informazioni sulla particolare lassità dei legamenti di alcune persone», aggiunge Bruno, «che per questo potrebbero andare incontro nel tempo a fenomeni di usura delle cartilagini articolari». Niente di grave, insomma.
Se però si decide di smettere, si può provare a tenere le mani il più possibile occupate, ad esempio giocherellando con una matita, con una moneta o con una pallina antistress. In alternativa, si può tenere con sé una crema per le mani, da spalmare ogni volta che viene la tentazione di sentire di nuovo croc.
fonte: Corriere della sera
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Re: Studi strani
Le scrocchio anch'io ma mai forte
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