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Messaggio da Mac La Mente »

Vianne ha scritto: In questo libro Benni ha dimostrato di essere capace di scrivere in tutti gli stili, di saper "rifare il verso" a tutti gli autori e di essere in grado di fare giochi letterari come se non meglio di Umberto Eco...e lil brano che hai riportato lo dimostra benissimo! Grande Benni! :wub: :banana: :banana:
D'accordissimo con quello che hai detto! Non saprei cos'altro aggiungere visto che Benni lo conosco molto poco :oops: ...ma quello che posso dire è che le storie raccontate sono molto molto divertenti e che la lettura va bene, scorre, procede e finirà presto! :ok:

Un gran bel libro!...perchè non l'ho letto prima? :dry: :ouch:
...la testa è rotonda per permettere al pensiero di cambiare direzione!...
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Messaggio da Vianne »

Mac La Mente ha scritto:D'accordissimo con quello che hai detto! Non saprei cos'altro aggiungere visto che Benni lo conosco molto poco :oops: ...ma quello che posso dire è che le storie raccontate sono molto molto divertenti e che la lettura va bene, scorre, procede e finirà presto! :ok:

Un gran bel libro!...perchè non l'ho letto prima? :dry: :ouch:
Mac l'importante è leggerlo, non fa niente quando! :k: :k:
...e comunque ero sicura che ti sarebbe piaciuto! :banana: :banana: :banana:
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Messaggio da Mac La Mente »

Vianne ha scritto:Mac l'importante è leggerlo, non fa niente quando! :k: :k:
...e comunque ero sicura che ti sarebbe piaciuto! :banana: :banana: :banana:
Questo è vero! Ed infatti sono contentissimo di averlo cominciato e non vedo l'ora di conoscere tutti i racconti! :banana: :banana:

...eh si! Avevi ragione! Mi piace tanto! :k: :k:
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Messaggio da Vianne »

Un passaggio tratto dal libro che sto leggendo, passaggio che a me piace moltissimo.
E' un breve dialogo tra i due protagonisti a proposito della guerra:

"La guerra, Varvara Andreevna, è un'orrenda porcheria. In g-guerra non ci sono nè giusti nè colpevoli. E i buoni e i cattivi stanno da entrambe le parti. Solo che i buoni di solito vengono uccisi per p-primi.
"Come mai allora siete partito volontario per la Serbia?" chiese lei indispettita. "Non vi ha mica costretto nessuno, no?"
"Per ragioni egoistiche. Ero malato, avevo bisogno di cure."
Varja si stupì: "Perchè, in guerra si viene curati?"
"Sì. La vista del d-dolore altrui permette di sopportare meglio il proprio. Io sono finito al fronte due settimane prima della disfatta dell'armata di Cernajev. E poi ho ancora vagato a sazietà per i monti, e sparato in abbondanza. Grazie al cielo, p-pare, non ho mai fatto centro."

Boris Akunin - Gambetto turco. Scacco allo zar, Frassinelli 200, p. 15
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Messaggio da Mac La Mente »

Vianne ha scritto:Un passaggio tratto dal libro che sto leggendo, passaggio che a me piace moltissimo.
E' un breve dialogo tra i due protagonisti a proposito della guerra:

Boris Akunin - Gambetto turco. Scacco allo zar, Frassinelli 200, p. 15
Un bellissimo passaggio, Vianne! Grazie per averlo inserito! :)

...mi ha trasmesso un senso di tristezza soprattutto nelle ultime righe dove si dice che per sentirsi meglio, bisogna vedere soffrire gli altri! :(

Una curiosità...le lettere ripetute, ad esempio quando viene scritto "d-dolore", sono presenti perchè la persona è balbuziente? :)
Non so, ho avuto questa idea...spero di non aver sparato una beeeeeep! :ouch:
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Messaggio da Vianne »

Mac La Mente ha scritto: Un bellissimo passaggio, Vianne! Grazie per averlo inserito! :)

...mi ha trasmesso un senso di tristezza soprattutto nelle ultime righe dove si dice che per sentirsi meglio, bisogna vedere soffrire gli altri! :(

Una curiosità...le lettere ripetute, ad esempio quando viene scritto "d-dolore", sono presenti perchè la persona è balbuziente? :)
Non so, ho avuto questa idea...spero di non aver sparato una beeeeeep! :ouch:
:)

Sì, hai capito bene, le lettere ripetute servono a rappresentare la balbuzie del protagonista :yes:

In quanto alla tristezza del brano... beh, non vuole dire che per sentirsi meglio bisgnona vedere soffrire gli altri, ma al contrario che andare in luoghi dove c'è la vera soffernza, fa capire quanto possano essere piccole e insignificanti quelle nostre personali paturnie che troppo spesso tendiamo a scambiare per sofferenze
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Messaggio da Mac La Mente »

Vianne ha scritto: :)

Sì, hai capito bene, le lettere ripetute servono a rappresentare la balbuzie del protagonista :yes:

In quanto alla tristezza del brano... beh, non vuole dire che per sentirsi meglio bisgnona vedere soffrire gli altri, ma al contrario che andare in luoghi dove c'è la vera soffernza, fa capire quanto possano essere piccole e insignificanti quelle nostre personali paturnie che troppo spesso tendiamo a scambiare per sofferenze
Grazie per la spiegazione e per la conferma, Vianne! :k: ...avevo pensato bene allora! Evvai! :cool:

Uuuuuh! Ho interpretato il brano dall' "altra faccia della medaglia" con un significato completamente diverso rispetto a quello che in realtà voleva esprimere! Acc! :(
Ora ho capito e rileggendolo ritrovo il senso originario!...proprio quello che hai detto tu! :)
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Messaggio da Vianne »

Un altro passaggio che mi è piaciuto molto nel libro di Akunin è questo, relativo al modo di vedere i rapporti tra cittadino e Stato.
Parlano i due protagonista del romanzo, Fandorin e Varvara (Varja):

"Se si vive in uno S-stato, bisogna proteggerlo, oppure andarsene, altrimenti non ne viene altro che parassitismo e pettegolezzi servili".
"C'è anche una terza possibilità", ribattè Varja, urtata dai 'pettegolezzi servili'. "Si può distruggere uno Stato ingiusto e al suo posto costruirne un altro."
"Purtroppo, Varvara Andreevna, uno Stato non è una c-casa, ma piuttosto un albero. Non viene costruito, ma cresce da se', assoggettato alle leggi della Natura, ed è una cosa lunga. Non ci vuole il muratore, m-ma il giardiniere."

Boris Akunin - Gambetto turco. Scacco allo zar, Frassinelli 2000, p. 59
Traduzione di Mirco Gallenzi
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Messaggio da Mac La Mente »

Vianne ha scritto:Un altro passaggio che mi è piaciuto molto nel libro di Akunin è questo, relativo al modo di vedere i rapporti tra cittadino e Stato.
Parlano i due protagonista del romanzo, Fandorin e Varvara (Varja):

Boris Akunin - Gambetto turco. Scacco allo zar, Frassinelli 2000, p. 59
Traduzione di Mirco Gallenzi
E' un bel passaggio! Grazie per averlo riportato! :)

...l'ho trovato tanto riflessivo e riporta un pensiero ed un paragone che mi piace! :yes:
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Messaggio da Mac La Mente »

...e dopo aver inserito l'incipit, riporto un breve passaggio del libro "Sotto il sole ai Campi Elisi" di Sandro Veronesi.

I protagonisti del racconto sono tre anche se la voce narrante è principalmente una...che racconta i suoi pensieri durante una passeggiata! :)

Mio personale terrore a parte, pensai che l'attraversamento dei Campi Elisi era la prima e forse l'unica azione vera e propria che Freyre, Svevo e io ci trovammo a compiere insieme. Solo dinanzi a quella, al di là delle chiacchiere o dei silenzi, al di là della stanchezza sulle nostre facce o delle pieghe sulle giacche, solo dinanzi a un'azione così esatta era lecito aspettarsi un significato da dare alla nostra passeggiata. In fondo noi tre non eravamo altro che un emblema, un trittico esemplare sulle prime tre età di uno scrittore veramente distinte l'una dall'altra. Svevo lo era dalla prima in assoluto, l'infanzia totale, direttamente proveniente dalle letture entusiasmanti che fanno cambiare dopo ogni libro il proprio stile, e nel frattempo istillano il germe che inizia la sua lunga incubazione. Era lo scrittore puro, che non aveva ancora scritto una riga perchè era ancora alle prese con i problemi di cui la letteratura si occupa: la solitudine, la distanza dalle cose, la nostalgia, il bisogno d'amore. Ancora riguardato da tutto, ancora immerso nel caos, ancora talmente invulnerabile da doversi occupare da solo della propria dissoluzione. Io, invece, ero la seconda età, la giovinezza, quella in cui cominciano a realizzarsi i sogni superstiti, ma anche si rimpiangono gli altri perduti per strada. Io ero già alle prese con il lavoro, con le prime soddisfazioni e le prime mortificazioni, e dovevo tenere ben salde anche le relazioni superflue fin quasi a sospettare di star sottraendo attenzione a quelle importanti. Freyre, infine, era la maturità, l'età in cui si rimane soli con i propri limiti, e se si scopre che sono un po' stretti non resta che sbatterci contro, sfornando ugualmente un romanzo ogni due anni che non sia né bello né brutto, e non vada né bene né male. Era uno scrittore arrivato...

Da "Sotto il sole ai Campi Elisi" di Sandro Veronesi - pubblicato dal Corriere della sera - pagine 51-53
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Messaggio da Mac La Mente »

Ehmmm...nonostante sia passato un po' di tempo, inserisco - prima di raccontare del libro - un breve passaggio de "La signora nel furgone" di Alan Bennett! E' molto probabile che non si capiscano tanto queste righe, ma è normale, proprio perchè il libro è stato scritto come se fosse un diario e quindi estrapolare dei passaggi risulta un po' difficile!...prendetele così...in modo leggero! :)


Aprile 1989. Miss S. mi ha chiesto di telefonare ai servizi sociali, e le dico che è in arrivo una persona. "A che ora?". "Non lo so, ma deve proprio uscire adesso? Non esce da una settimana". " Potrei anche uscire. I miracoli succedono. E poi se viene e non riesce a parlarmi? Magari non sono nel retro del furgone, magari sono davanti". "Allora le verrebbe a parlare davanti". "E se sono in mezzo?".
Miss C. pensa che abbia problemi di cuore; la chiama Mary. Mi suona strano, ma è il suo nome.

Aprile 1989. In questo periodo nella lista della spesa di Miss S. ci sono sempre le caramelle al limone. Ne ho in casa un vasto approvvigionamento, ma lei insiste perchè io ne accumuli di più, in modo che non ci sia il rischio di restare senza. "Adesso mi piacciono quelle e non mi va di farne a meno".
Le chiedo se vuole una tazza di caffè.
"Ma no, non si disturbi. Me ne basta mezza".


La signora nel furgone - Alan Bennett - pubblcato da Adelphi - traduzione di Giulia Arborio Mella - pagine 61-62

...e se vi interessa l'inizio...è inserito qui...incipit ;)
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Messaggio da Mac La Mente »

Evvaiiii!!! Ho finito "Il rumore della pioggia a Roma" di John Cheever e come anticipato qualche giorno fa, ho cominciato il libro scritto da Neil GaimanIl cimitero senza lapidi e altre storie nere...

A tal proposito inserisco l'introduzione di questo libro scritta dallo stesso autore...introduzione che mi ha colpito molto...

Introduzione

Da giovane, e davvero non sembra sia passato tutto questo tempo, adoravo i libri di racconti. I racconti li potevi leggere dall'inizio alla fine in quelle pause che avevi a disposizione per la lettura: durante l'intervallo al mattino o il sonnellino dopo pranzo, oppure sui treni. Prendevano l'abbrivio, si mettevano in moto e ti trasportavano in un nuovo mondo, per ricondurti sano e salvo a scuola o a casa nel giro di mezz'ora o giù di lì.

I racconti che leggi quando hai l'età giusta non ti abbandonano ma davvero. Magari ti dimentichi chi li ha scritti o come si intitolava la storia. A volte ne dimentichi la trama, ma se un racconto arriva a toccarti ti resterà accanto, infestando quei luoghi della mente che visiti molto di rado.

Quello che ti resta più attaccato è il racconto horror. Se riesce sul serio a provocarti un brivido sulla schiena, se una volta finita la storia ti ritrovi a chiudere il libro piano piano, per paura di disturbare qualcosa, e ad allontanarti furtivamente, allora non ti lascerà mai più. C'era un racconto che lessi quando avevo nove anni che finiva con una stanza piena zeppa di lumache. Penso che probabilmente si trattasse di lumache carnivore, che strisciavano lentamente verso qualcuno per divorarlo. A ricordarlo ora mi viene la stessa pelle d'oca di quando lo lessi.


Da Il cimitero senza lapidi e altre storie nereNeil Gaiman – pubblicato da Mondadori – pag 5 e 6.

...non appena mi sarà possibile, scriverò anche la continuazione di questa introduzione! Il prima possibile! Promesso! :yes:
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Messaggio da Elida »

Ha ragione a dire che i racconti letti nell'infanzia ti rimangono accanto per sempre.
Io ricordo ancora oggi meglio i libri letti da bambina di quelli letti poco tempo fa
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Messaggio da Mac La Mente »

Elida ha scritto:Ha ragione a dire che i racconti letti nell'infanzia ti rimangono accanto per sempre.
Io ricordo ancora oggi meglio i libri letti da bambina di quelli letti poco tempo fa
Sono contento che ti sia piaciuta l'introduzione e quello che l'autore ha scritto! :)

...eh si! Il suo pensiero lo condivido anch'io ed è per questo che quando l'ho letto ho pensato..."Acc! Avrei voluto scriverlo io! La penso esattamente così!" :yes:

Non so il perchè di questo...il perchè i libri letti durante l'infanzia-adolescenza rimangano e si ricordano ancora...però è bello! :banana: :banana:

Entro oggi inserisco la continuazione...vale davvero la pena citarla tutta! :)
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Messaggio da Mac La Mente »

...e come anticipato precedentemente, continuo con l'inserimento dell'introduzione presente nel libro Il cimitero senza lapidi e altre storie nereNeil Gaiman...

Divido il post in due parti... - prima parte -

Il fantasy ti entra nelle ossa. C'è una curva su una strada su cui mi capita a volte di passare, da cui si vede un villaggio su verdi colline ondulate, e dietro il villaggio ci sono colline più imponenti, più scoscese e più grigie e, in lontananza, montagne e nebbia: non riesco a passare di lì senza che mi torni alla mente la lettura del Signore degli Anelli. E' lì da qualche parte, dentro di me, e quella vista riporta tutto in superficie.

E la fantascienza – anche se qui temo ce ne sia poca – ti porta attraverso le stelle fino ad altri tempi e altre menti. Non c'è niente come trascorrere un po' di tempo dentro la testa di un alieno, per ricordarci quanto poco divida ciascuno di noi dagli altri.

I racconti brevi sono minuscole finestre che si affacciano su altri mondi, su altre intelligenze e su altri sogni. Sono viaggi fino all'estremo opposto dell'universo che puoi fare con la certezza di essere di ritorno per l'ora di cena.
Ormai è quasi un quarto di secolo che scrivo racconti. All'inizio sono stati un ottimo modo per imparare il mestiere di scrittore. La cosa più difficile da fare quando sei uno scrittore alle prime armi è finire qualcosa, e quello era il metodo per imparare. Oggi gran parte delle cose che scrivo sono lunghe – lunghi fumetti, lunghi libri, lunghi film – e un racconto breve, qualcosa che è bello e finito nel giro di un paio di giorni o di una settimana, è divertimento allo stato puro.


Da Il cimitero senza lapidi e altre storie nereNeil Gaiman – pubblicato da Mondadori – pag 6 e 7.

...continua...
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