/ Marzo 30, 2021/ 2050, Blog, Cristiano Torricella, Punti di vista/ 4 comments

“Latino latinorum d’esto illustrissimo stivale, com’è che gli i-taglian del 2050 ed oltre più non san quanto tu vali?”

(T.C. V.S.D.I. 2050 – da “Segretissimi testi del 2050 ed oltre” – Roma, 2051 – citazione citabile)

 

(…)

O aulico latin del Mitico Impero Romano di Nerone, Traiano e Diocleziano!

No! Non narrerò qui di quei babbioni di politikanti voltagabbana del 2050 ed oltre che cambian partito e bandiera per una o due politiche poltrone! Vergognatevi! “Pistola”!

Proseguirò invece di seguito tal mia historica e forbita narrazione, ripetendo ciò che Io “Grande Maestro del Sapere” magistralmente ier narravo agli studenti del liceo Newton di viale Manzoni 47 a Roma.

Cioè il concetto-chiave che, con l’irrefrenabile caduta dell’Impero Romano nel 476 D.C., il “nostro” latino orale andò man mano come “impoverendosi”.

Mischiandosi con gli orridi barbarici idiomi dei Grandi Invasori Barbarici d’Italia ed anche coi fonemi dialettali preromani pre-esistenti (Emiliani, Liguri, CisPadani…).

Primordiali dialetti autoctoni “nostrani” che giacevano sconfitti e proni – attendendo ch’il loro “domine” latino evaporasse – nell’ancora scottante cenere della Grande Sconfitta Militar-Linguistico-Culturale Romana dai loro Oriundi Popoli subita.

Sconfitta militare ma anche linguistica e culturale, visto che i Romani colonizzavano linguisticamente e culturalmente i Popoli Vinti tra cui si stabilivano stabilmente.

Dialetti (o lingue?) pre-esistenti la Grande Conquista di Roma (dialetti gallici, etruschi, sannitici, sabini, ernici, oschi, rutuli, sabelli, liguri, “lumbard”, dei Ramni, dei Marsi e di molti altri Illustri Popoli Spazzati via da Roma…).

Così resuscitavano i dialetti, urlando a Gran Voce, schiodandosi dalla Grande Croce su cui pareva l’avessero inchiodati (gli Antichi Romani) per tanti secoli o millenni!

Producendo medioevali neodialetti di derivazione latina estremamente nuovi e bizzarri grazie ai novelli fonemi usati in quei bui tempi di Grande Analfabetismo di Massa!

Prima dialetti orali ma poi trascritti con zelo da mercanti e “notari” per il Dio Denaro.

Dapprima usati da Medioevali Capo-Popolo, poi mal-pronunciati da tanti cittadini!

Sicchè la “nostra” superbella lingua italiana di fin ‘900 derivò dal dialetto volgare medioevale fiorentino dei “Tre Mostri di Bravura di Firenze” (Dante che danteggia, Boccaccio che boccacceggia e Petrarca che petrarcheggia?)? Yes! 😊

(foto-ricordo di Me “T.C. V.S.D.I del 2050 ed oltrecapo-rion de Monti” insieme ai “Tre Uomini Illustri di Firenze”) 😊

Cosicchè anche l’i-tagliano moderno odierno del 2050 ed oltre deriva anch’esso dal precedente italiano di fine ‘900, contaminato e devastato dall’itaglian-inglese.

Italiano di fin ‘900 “de Campo de Fiori” derivante in origine da un civico dialetto fiorentino contaminato, a sua volta, dal latino volgare orale mal-parlato dai… villici!

Popolino detto dapprima vulgo – e poi volgo – da chi pronunciava male il volgare.

Da vulgo etimologicamente deriverà poi l’aggettivo volgare, popolare o del popolino.

Volgare nel senso di popolare e non di disdicevolmente licenzioso o osè come ignorantemente credono i Sapientoni del 2050 e di… domani (del 2060 ed oltre).

Ricchi Sapientoni Romani della Gloriosa Età dell’Impero usavano invece il raffinato, signorile, colto e dotto latino letterario scritto usato con Grandissima Maestria, rispettando le regole grammaticali “alla lettera” (sennò… dieci frustate!).

Latino letterario scritto utilizzato sia nelle opere letterarie dei Poeti e degli Aedi o Cantori che per redigere contratti commerciali che servivano a far soldi (come oggi) o a lodare o a denigrare i Potenti dei Palazzi del Potere di Roma di allora (vedasi Giovenale, Marziale, Seneca, Cicerone, Ciceruacchio, Tacito, Plinio…).

Chi sapeva scrivere – pochi – ed era istruito (vedi condizione sociale assai agiata) vestiva con belle tuniche “di marca” ed usava il latino scritto anche come tratto aristocratico-distintivo dalla romana plebaglia zozza, sanguinaria ed analfabeta.

Poi, in una misteriosa data scritta nel Gran Libro della Storia, nel millenario passaggio dal latino orale volgare al povero culturalmente e linguisticamente i-tagliano odierno del 2050 avvennero storicamente sì tanti terribili sconvolgimenti grammaticali, fonetici e lessicali che “impaurano” persino me impavido narratore!

Grande Paura a Voi dell’Ignoranza Culturale di Massa dell’I-taglia del 2050!

Grande Paura del Deserto Culturale e Grande Baratro che verrà dopo di Noi!

Ma noi non ci saremo! Nel 2060! Quando urlerete di terrore per un… tuono!

Quali e quanti barbarici mutamenti ed epocali sconvolgimenti linguistico-lessicali, attraverso secoli e millenni, mutarono e stravolsero, impoverendole alquanto, la primigenia pronuncia ed il lessico dell’ultrabella e dimenticata lingua volgare latina!

Stravolgendo ad arte scenica le preesistenti fonologia e morfologia latine!

Come non ricordare qui – a mò d’esempio – il raddoppio delle consonanti “z” e “g” da parte dei “cafoni” (che ritroveremo nel dialetto di Roma e del Lazio nell’esagerata  pronuncia romanesca dei lemmi “stazzione, capostazzione, azzione” ed “esaggerata”).

La “x” si trasformerà in “ss” e la consonante “h” aspirata scomparirà per sempre nel buio della Notte Barbarica (tranne che nel dialetto volgare toscano, ove rimarrà ben presente – pervenuta fino ad oggi – l’ ”h” aspirata antica d’incerta origine latina…).

Le frasi che in latino volgare erano lunghe e retoriche, pronunciate da “cafoni” sudici e balbettanti, diventano così povere frasi brevi e tronche, atte a chi grida e parla male.

Il genere neutro del latino letterario defunge e la retorica muore schiacciata dal balbettio, dal gorgoglio profondo, dalle lunghe “u” longo-barbe e da idiomi barb-eri.

Il Grande Riscatto Linguistico Italiano avverrà soltanto nel 1300 circa a Firenze, con quei tre “Grandi Bulletti Letterari” di Dante, Boccaccio (che – etimologicamente – faceva le boccacce a scherno, cioè…  dissacrava) e con l’Illustrissimo Petrarca (da “petra”, pietra ed “arca”… cioè “arca di pietra”), Grandissimi Letterati Trecentisti.

Del Quattrocento, del Cinquecento e dell’Illustre Barocco Romano Seicentesco (su cui avrei tante cose da scrivere e da dire…) non ho ora la possibilità di narrare.

Crono, bieco tiranno che s’invola lesto e a tradimento ruba tempo ai nostri giorni pieni, rendendo i nostri vecchi cinque sensi anarchici e fallaci, è già qui che… chiama!

Lontani son li tempi belli de li legger libri a iosa e de l’allegra e ridanciana schola e come sa di sale, nel 2050 ed oltre, salir e scender queste ripide ed infernali… scale!

Vada ora a commentar, o mio lettor, se Le piacque o no, codesto scritto mio!

T.C. v.s.d.i. del 2050 ed oltre

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4 Comments

  1. Una ricerca ed un’alisi molto accurata che trasmette la voglia di approfondire sempre di più perché non si finisce mai d’imparare. Complimenti!

  2. Mi stona alquanto quel Ciceruacchio, personaggio risorgimentale, in mezzo a tutti quei letterati della Roma Classica (messo lì per assonanza con Cicerone?). Per il resto, divertenti le immagini, specie il San Francesco atomico che ammansisce la lupa Europa

  3. Articolo ironico e molto interessante.
    Vorrei aggiungere che i “cafoni”, cioè il popolo, raddoppia dove non serve e toglie dove c’è bisogno.
    “Er popolo è tera tera!!!”.

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