174517. Funzionante.
Comincia con un numero e una parola questa mia grande o piccola riflessione sulla Shoah, sull’Olocausto, sull’orrore che le truppe sovietiche videro il 27 gennaio 1945 varcando il cancello di uno dei tanti, troppi, campi di concentramento – sterminio, meglio – che la Germania nazista ebbe il coraggio di costruire ad Auschwitz, prima, e poi a Birkenau, Monowitz, Brno, Trzebinia, e poi… e poi… e poi…
Tanti, troppi centri dell’orrore, della crudeltà e dell’odio più famigerato e sfrenato che l’uomo abbia mai raggiunto nei confronti di un altro uomo.
174517. Funzionante.
Questo numero venne tatuato sulla pelle di Primo Levi, portavoce di un popolo e di una realtà dura e inumana, vissuta nei campi di concentramento.
Funzionante. E’ la parola con cui venne classificato e che in parte gli salvò la vita durante il buio di quegli anni.
E’ possibile definire un uomo funzionante? E’ questo quello che mi chiedo.
In base a che cosa? Secondo quale metro di giudizio? Non trovo risposta a questo così come non riesco davvero a concepire come e perchè sia accaduto quello che oggi ricordo, ma non solo oggi, sempre nella Giornata della Memoria.
I kapò possono esser scomparsi, non ne sono sicuro se mi guardo intorno…
Il nazismo finito, non sono sicuro neanche di questo se mi guardo intorno…
I mezzi, la maniera di provocare danni, orrore, morte e distruzione sono cambiati ma ahimé restano ancora vivi oggi se mi guardo intorno…
Nascosti, neanche tanto, tra sorrisi ipocriti e falsi e ordini su cosa è giusto o sbagliato.
“Il deve fare”, “deve rispettare le regole”, sono tutte espressioni che rimandano a quello che la Storia avrebbe dovuto insegnare. Avrebbe dovuto, perchè non tutti hanno capito e nessuno di quelli che utilizza questi modi ha capito, questo è sicuro.
Forme diverse di “campi”, stesso risultato. Non “concentrato”, forse, più disseminato e decentrato ma sempre presente. Ahimé.
Ricordando il 27 gennaio 1945 segnalo un’opera di David Olère, deportato dal 1943 al 1945, che inizia a disegnare nell’ultimo periodo di prigionia raffigurando scenari di vita quotidiana ad Auschwitz-Birkenau