/ Novembre 14, 2016/ 3 - La penna e la tela, Blog, Cristiano Torricella, Poesie della domenica/ 0 comments

Avete mai frugato nei vostri cassetti? Suppongo di sì, a me capita spesso e quante cose trovo!, trovo fotografie e monetine, pacchetti di sigarette usati e qualche volta anche mozziconi, cartoline che avrei dovuto spedire e altre ricevute e ogni oggetto è un ricordo, amaro o dolce, conta poco, tutto insieme fa quel che sono oggi senza rimpianti e ripensamenti.

E se tra fogli vecchi e ormai ingalliti spunta un qualcosa, una poesia in questo caso, di cui ci si era dimenticati? La risposta è semplice, è un inedito e per noi di Libera-mente un regalo che l’autore – Cristiano Torricella – ci ha donato…uno scorcio di rione – Testaccio, Roma – che con il tempo è cambiato.
Bello ritornarci nonostante tutti i cambiamenti di questi anni, i ricordi lo ricordan diverso e un po’ di nostalgia affiora e allora ci si perde nei pensieri…

Buona lettura amici miei e Grazie Cristiano per il regalo! 🙂

Roma - Testaccio

Testaccio, rione mio di oggi e di una volta
(poesia inedita in lingua italiana)
di Cristiano Torricella

Ben dodici anni dopo, siamo andati, da Laura,
a mangiare a Testaccio, a Roma mia
e non sembrava, affatto, che fosse così cambiato,
questo rione antico, nostro e mio…
e invece… ragazzi, mi sa che anch’Io mi son sbagliato!

La piazza è – indubbia-mente – la solita,
con la sua antica Chiesa ed il suo solito Teatro…
però, qualcosa non mi torna affatto come al solito…
in questa Grande Festa “di paese”
che c’è oggi, qui, al rione “nostro”!

“Cosa c’è che non va, o poeta romanesco?
Sei te che sei sbagliato o che non ti ci ritrovi affatto?
Niente è cambiato, qui… è tutto uguale….. come ai tempi tuoi…
che il tempo, qui a Testaccio, sembra proprio che si sia fermato!

Lo senti questo dialetto nostro
e questo “nostro romano eloquio”,
in piazza e in strada?

Lo senti, il tappezziere nostro,
che, nella sua solita bottega,
spara grossi chiodi – lunghi un dito – nei divani?

Li vedi i giardinetti nostri, hodie,
tutti strapieni di “Nostra Vera Gente”
e di Romani?”

Ma il poeta, un che la sapeva lunga,
così gli rispondeva, a quello, sì placido e oltraggioso:
“o uomo di Roma, ma che mi stai prendendo in giro per davvero?

Ma che… ci sei…(per davvero) oppur…. ci fai?
Adesso te ne domando due (di cose)
in modo che noi due ci capiamo meglio!

Dove son finite le vecchie bancarelle “zozze”
del popolare mercato di Testaccio…
con le ambulanti grida di una volta (dei bancarellari) nostre,
a far “rional fiera” e tanta confusione?

Aò… o romano finto… com’è che adesso tu non rispondi niente, eh?
E questo fontanone, albo e candido, che l’hanno ripulito così bene…
non stava, prima, altrove, là dove finisce il viale, al Lungotevere?

O Testaccio mio, rione bello …. dimmi, almeno tu, la verità…
tu che ti sei dato…. questa mano di belletto…. sì costoso e più moderno….
dimmelo a me, tra me e te… a quattrocchi: …. chi te l’ha fatto fà?

O Testaccio mio, oggi così tanto “altolocato”,
con tutti questi moderni – e nuovi – “notturni localetti prelibati”…
non provarci neanche, tu, a servirmi, pure a me,
“oriundo popolan di Roma mia sparita di ier l’altro…”
come se pur’Io fossi, qui, come quest’altri,
uno stranier turista o un forestiero!

O Testaccio mio bello, di una volta,
allora sì tanto pieno di sporcizia, ma oggi…. spudorato…
non provarci più, a farmi tutte queste sviolinate addosso,
per spillarmi soldi dal panciotto,
…. ch’Io, poeta, ieri, affatto, non son nato……

Che, a Roma mia, Io vi nacqui e, per trent’anni, vi ho abitato…
sicchè – chiosando in fretta, qui, poeta, a farla breve…
Testaccio è sempre Lui, però… diciamolo…
ora che ha fatto i soldi, un pò è cambiato!

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