Confesso: al piacere di questa ulteriore pubblicazione tra le nostre pagine dell’ultima poesia di Cristiano Torricella, c’è altrettanta tristezza in quando con quest’opera l’autore ha chiuso un capitolo importante: quello di italo poeta metropolitano.
Ad majora, Cristiano, sempre! 😉
Marino – due giugno duemilaquattordici – ultima poesia mia
Marino, due giugno duemilaquattordici: da oggi, mai più poesie!
Eterno silenzio di sasso, per sempre, o poeta.
Lo promisi ier, perdendo a carte, a Mario, all’hostaria!
Basta scriver poesie, sor Cris!
Gli altri Me stessi faccian tutti, ora, è d’uopo, un passo avanti!
Ma lasciatemene scriver, Vi prego, di poesia, ancora una!
“L’ultima? E sia!” – disser, contrariati e scuri in volto, Essi.
Così, calate, infin, le segrete carte, che tenevo in mano,
smisi di poetar libero, m’arresi al Fato,
e, tornato come “fil di fumo di camin”, uomo di mondo,
da fredda, romana, tramontanina, fui, poeta, lesto, via, spazzato!
A che pro perseverar, a scriver li versi mia, ancor dunque, a vuoto,
se così fu scritto e promesso, per di più, a gioco fermo e truccato?
Ad altre mie libere immagini, dello perduto Io,
allor, oggi, poeta, qui, brindo e m’appello;
or che passar mano, carte ed ogni mio povero avere,
debbo, levando, verso il nuvoloso Ciel di Roma,
per l’ultima volta poeta, fiasco e bicchiere…
Addunque, ciò che stabilimmo fosse, lesto, data nostra parola, addunque, or sia!
Ultima mia poesia, promesso, poi più niente!
Ed eccola qui, l’ultima mia poesia, o miei posteri…
l’ultimo guizzo di genio, la poesia nella poesia:
“Addio a te, o Augusta Roma, megalopoli ingrata!
Morituro poeta metropolitano te salutat, oggi, per sempre!
Tuo cultural fine, sappilo, fu nostra, antica, gloriosa Roma!
Roma dei Cesari e de li gladiator pugnanti, no fregnacce!
Roma del Coliseo e del tempio d’Ercole Vincitor (chiamato erroneamente tempio di Vesta)!
Son ombre nostre Giovenale, Traiano, Tiberio imperator e il buon Nerone!
Ma tu dimenticasti, e non valorizzasti, mai, adeguatamente, il tuo storico passato (e questo è grave!)
Morte, allor, al poeta e Vate romanesco e romano, che scrive inutil, culturali, inascoltati versi!
Affinché dalle sue calde e riarse ceneri, di baciate o di libere rime,
altre immagini dell’Io possan, all’alba del “novo giorno”, che già spunta,
libere, brillare e sorgere, in libertà d’esprimersi e di dire:
1) il filosofo neroniano che, dai primigeni dì, di bimbetto colleoppino, m’accompagnava, ad arte;
2) lo scienziato pazzo, pien d’insondate zone erronee, d’entropiche credenze e di tecnologie pagane;
3) il chitarrista rock, monticiano, nostro, ch’il primigenio assolo elettrico, audace, all’aere,
dalla Torre dei Capocci, presso via Giovanni Lanza, a Roma, lanciava, a fin ‘900, lancinante!
Un benvenuto 2050 a Voi, allor, o mie catartiche immagini autocentriche dell’Io, sostitutive!”
Così Io, glocal poeta, euro-italo-romano-romanesco,
narrai qui, per filo e per segno, com’Io mantenni la promessa.
Marino, due giugno duemilaquattordici: da oggi, mai più poesie!
Eterno silenzio di sasso, per sempre.
Lo promisi ier, perdendo a carte, all’hostaria!
Marino – A.D. MMXIV