/ Dicembre 2, 2013/ Blog, Cristiano Torricella, In Libreria/ 0 comments

Tratta dal nuovo libro di Cristiano Torricella, pubblichiamo in anteprima una sua favola poetica.

Ad una attenta lettura de La barcaccia ed il prode capitano ottimista, è questo il titolo, si può notare una descrizione accurata della situazione attuale e delle figure losche che ci sono in giro…

 

La barcaccia ed il prode capitano ottimista
(fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio)

 

C’era una volta una barcaccia,
così mal fatta, e costruita, che affondava,
che manco più il Padre Eterno,
per non perder tempo, la salvava

E c’era tanta gente, che di questo,
da lontano, caldamente, ne rideva
e intanto, lautamente,
una barca di soldi guadagnava (avvoltoi!)
e tutti i topi, presenti in barca,
giustamente, scappavan via!

Soltanto uno di lor, più astuto, il capitano,
tra essi, mostrandosi diligente, non scappava,
e “cauto ottimismo e convergenze parallele”
in tal, tristo, e tragico, frangente,
lui, tapin topin,
così, tanto seren, manifestava!

“Mi sembra di veder, qui,
“larghe terre, lontan, d’intese”
ed un “pessimismo, ottimistico, sincero”! – così diceva,
sorridendo a tutti,
e, senza badare a spese,
con scaltrezza e fare cinico,
il topo capitano
(facendo bieca propaganda, non è vero?)

“Per cui se (è ipotetico!)
putacaso, noi topi,
di terra, naufragassimo,
centrando lo puntito scoglio,
e poco dopo, qui, tutti affondassimo,
noi, invece, potremmo dire, al volgo, tutti insieme:
“Affonda? Non è affatto vero!
Ci salveremo tutti,
sol restando in barca
e dandoci, or or,
facendo festa, qui, la mano!”
(e tutti lo san già, ch’Io, capitano,
ci ho proprio interesse a vivere,
giacchè son, proprio Io, di questa nave,
di ‘sti sciagurati topi, del volgo, il capitano!)

E così, il tapin topin, cinico e baro,
sì svelto all’occorrenza,
con pretesti e scambi,
radunava lì, al volo,
una “congrega stampa”,
e proprio lì, in barca,
del più e del meno, dissertava,
affinchè, con il suo talento,
e compagnia stabile, d’attore,
da quel pasticciaccio brutto,
ne sortisse, sol lui, fuori,
premiando gli invitati a quella festa,
con tanti premi belli e tanti allori!

Così ci fecerunt credere,
a noi topin del volgo, Lor Signori,
che la barcaccia nostra,
si, un poco, è vero, facea dell’acqua,
e, sì, affondava, ma, sol,
per il peso della nostra, sì pesante, festicciola!

Così, con altre ciniche ciance,
sciocche e inutili,
ed altre sofisticatissime, e diaboliche,
astuzie, ed arguzie, topoline,
moltissimi più topi del previsto,
e, pure, tanti topini stolti e vani,
ancor piccini,
anziché salvarsi, in tempo,
a nuoto, i creduloni!
rimaser lì all’asciutto,
lì nella barcaccia rotta,
ad aspettar compenso,
buoni buoni!

E non volendosi bagnar,
così abituati bene,
nemmen calze di seta, nè calzoni,
con “viva e vibrante speranza”
per le tante promesse, a lor, fatte,
di subitanea, e già pronta, realizzazione,
ad aspettar, lì,
la lor Gran Parata Nautica, in piedi,
risaliti, tutti i topi gregari e servi,
lì, sulla “Gran Barca” (che pienone!)
sperando nel Gran Prode Capitano,
persin cantando, per lui,
sì forte e piano,
gli fan, a lui, topi gregari e servi,
(udite udite, che vergogna!)
le ovazioni!

La morale, allor, di questa mia, trista e poetica, favola,
dimmelo, tu che leggi, o mio lettore,
secondo te, qual’è possibile che sia?

Quale sarà e qual’è,
dunque, or or, l’epilogo?

Eccolo, allor, qui, di seguito!
Se sentirlo, ancor, ti garba!

E fu così che la nefasta,
e grigia, chiglia, di quel topo,
gemendo forte e sinistra,
sotto il suo stesso peso di stoltezza,
con tanto “cauto ottimismo”
ed ogni altra sorta di, cinica, sciocchezza,
(mentre il Capitan Topo fuggiva,
da solo, in motoscafo,
dal luogo del paventato disastro,
condestrezza!)
sprofondando, ormai, la barcaccia,
da così tanto a mollo,
sempre più, in bassezza!

Che a quei miseri topin, del volgo
(che mai usarono il cervello!)
li portò, infin, via, tutti quanti,
a fondo, la grigia barcaccia, che affondava, seco,
sott’acqua, proprio lì, nel riff, lì giù,
come pesci a mollo, a far “glu glu”!

Morale della favola!

O topo, o topino sciagurato!
Del volgo, o nobile, di quale provenienza, che tu sia!
Non dovevi fidarti, affatto, allor, del tuo capitano!
Proprio a questo, ti ammaestra, con saggezza, ‘sta poesia!

Cristiano Torricella

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