/ Maggio 15, 2012/ Blog, Una frase, un rigo appena/ 0 comments

Ci sono passaggi, periodi, frasi e parole che lasciano il segno durante la lettura di un libro, colpiscono per la loro profondità, fanno riaffiorare ricordi di qualcosa vissuto, passato, fatto o che magari si sarebbe voluto fare.

E’ così, che approfittando della nuova categoria – Una frase, un rigo appena – riporto un periodo presente nella lunga e personale introduzione che Erri De Luca ha scritto nel suo ultimo lavoro Il torto del soldato.

Questo passaggio mi ha colpito, parla di libri, di vecchi giocattoli e di cosa da bambino lui ha scelto di fare e di come, in un certo senso, abbia deciso di andare controcorrente rispetto ai suoi coetanei.

 

 

Il torto del soldato – Erri De Luca

Dell’infanzia ricordo libri e nessun giocattolo. Cerano di sicuro, ma si sono persi. Soldatini, trenini, bestie, case: i giochi sono miniature del mondo, utili a un bambino per sentirsi gigante. Aiutano a crescere sopportando l’inferiorità.
Ho giocato poco, preferendo leggere. Dentro i libri non era possibile immaginarsi grandi. Le storie erano immensa, la mia lettura piccola in confronto. Molte cose neanche le capivo. I libri mi ribadivano la mia taglia minuscola. Ma qualcosa all’interno s’ingrandiva. Il medico diceva ch’era il fegato, che allora si curava con l’olio di merluzzo.
A me sembrava invece che aumentasse la capacità d’aria dei polmoni. La lettura di Stevenson mi ha gonfiato di aria di oceano. La poesia napoletana mi scioglieva la lingua. London mi ha insegnato la neve. Le storie delle stragi della guerra mi facevano rimbombare la vena della fronte.

da Il torto del soldato – Erri De Luca – pagina 17 – Feltrinelli

Scritto da Mac La Mente

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