Tra gli scrittori moderni ce n’è uno in particolare che riesce a colpirmi sempre con il suo stile sia per le parole utilizzate che per le descrizioni di personaggi e luoghi di un’America lontana e quasi dimenticata. E’ Neil Gaiman.
Autore sicuramente di talento – tra i libri da leggere c’è Coraline, da cui hanno tratto un film – Gaiman ad ogni racconto o romanzo riesce a dare quel tocco di originalità e di personalità che non sempre è facile ottenere…
In questo periodo sto leggendo American Gods ed è proprio di questo lavoro che vorrei citare l’incipit, come assaggio, per poi, a lettura completata, raccontare meglio il libro.
Incipit:
Era in prigione da tre anni, Shadow. E siccome era abbastanza grande e grosso e aveva sufficientemente l’aria di uno da cui è meglio stare alla larga, il suo problema era più che altro come ammazzare il tempo. Perciò faceva ginnastica per tenersi in forma, imparava i giochi di prestigio con le monete e pensava un sacco a sua moglie e a quanto la amava.
L’aspetto più positivo del fatto di essere in prigione, secondo lui – forse l’unico aspetto positivo – era una certa sensazione di sollievo. Sollievo all’idea di aver toccato il fondo. Non si doveva più preoccupare di essere preso, perché era già stato preso. Non aveva più paura di ciò che avrebbe potuto riservargli il futuro, perché il passato ci aveva già provveduto.
(Traduzione: Katia Bagnoli)
Dati del libro:
Titolo: American Gods
Autori: Neil Gaiman
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2003
Pagine: 523
Scritto da Mac La Mente