Leggere un libro è sempre un piacere, fa sognare e viaggiare e porta in mondi inesplorati e tutti da scoprire. E se a questi piaceri si unisce anche l’allegria e la spensieratezza della storia? Bene, il gioco è fatto e le pagine scorrono via ancor più velocemente. E’ questo quello che accade leggendo Così parlò il nano da giardino di Margherita Oggero.
E’ un racconto, articolato in 90 pagine, molto molto bello, leggero e simpatico. Un racconto dove i personaggi sono tanti abbastanza buffi e prendono vita, parlano, interagiscono tra loro grazie alla fantasia dell’autrice. Si animano e riescono persino a parlare con gli esseri umani anche se questi ultimi generalmente non capiscono il loro linguaggio degli animali, come del resto non capisco tutto quello che gli sta intorno.
Il libro racconta un esodo, quello compiuto dai gerbilli: buffi animaletti pelosi che sono costretti ad abbandonare il loro territorio perché i proprietari del campo hanno deciso di costruire un rifugio per animali, in particolare per cani, nemici in un certo senso proprio dei gerbilli.
Che fare a questo punto? Dove andare? I gerbilli non riescono a capire e sono davvero combattuti e spaesati. Decidono così di chiedere consiglio a Gongolo, un nano da giardino che vive di fronte a loro. Gongolo è molto saggio ed è contento quando ha l’occasione di parlare con qualcuno perché soffre di solitudine – è stato “piantato” lì e allontanato dal resto dei nani e da Biancaneve.
Gongolo parla tanto con i suoi amichetti e gli consiglia di andare ad abitare in un terreno incolto non molto lontano dalla loro attuale casa. In questo terreno però vive uno spaventapasseri abbandonato a sua volta dal suo “costruttore”.
I gerbilli affrontano il viaggio e alla fine riescono ad arrivare e ad occupare il terreno.
Questa occupazione del territorio non va molto giù allo spaventapasseri che decide così di vendicarsi sfruttando una pagliuzza infilata nella sua bocca che emette un suono davvero fastidioso: un sibilo che non permette ai gerbilli di dormire facendoli diventare sempre più nervosi.
L’incompatibilità però finisce presto quando un gerbillo (femmina) fa amicizia con lo spaventapasseri. I due insieme si divertono tantissimo.
Un giorno, dopo un bel po’ di tempo, anche il bambino che aveva costruito lo spaventapasseri ritorna e gli chiede scusa per essere stato così cattivo nei suoi confronti. Il bambino fa anche amicizia con i gerbilli ed insieme, dopo aver conosciuto la storia di Gongolo, decidono di andarlo a trovare. Gongolo in tutto questo asso di tempo ne ha passate di tutti i colori infatti non è più nel giardino, ma vicino al bidone dell’immondizia e non viene neanche raccolto dagli spazzini perché troppo pesante e non idoneo nemmeno a diventare spazzatura! E allora? Beh, Gongolo viene prelevato dal bambino e portato nel campo insieme ai suoi vecchi amici…
Il libro scritto da Margherita Oggero è simpaticissimo, una favola leggera che si legge con molto piacere, piena di vita che racconta di un popolo e di quello che a volte si è costretti a passare prima di raggiungere la cosiddetta “terra promessa”. E’ un libro sicuramente consigliato per la lettura, il tempo trascorso tra le sue pagine è tempo speso bene.
Per avere un assaggio del libro, riporto qui di seguito l’incipit e rimando al topic Brani divertenti per continuare non solo la lettura ma per farsi due risate con un passaggio graditissimo.
Il libro comincia così:
I gerbilli in quel tempo stavano al Gerbido. Al Gerbido Nuovo, per la precisione. Anche prima stavano al Gerbido, ma non era lo stesso Gerbido, era quello Vecchio. Prima dell’esodo, voglio dire. Prima che la famiglia Luposki (di antica origine russa) decidesse di impiantare di fronte alla propria casa una pensione per cani di tutte le razze.
I cani – non tutti i cani ma quasi – non vanno troppo d’accordo coi gerbilli e sovente gli fanno dei brutti scherzi. Tipo corrergli dietro a più non posso e quando li hanno raggiunti dargli delle zampate e dei morsicotti sul collo. Ai gerbilli (nome scientifico: meriones unguiculati) non piacciono le zampate e neppure i morsicotti sul collo. Anzi i morsicotti li detestano proprio. E ancora di più detestano essere presi per la coda, che è lunga e impellicciata ma fragile. Un gerbillo con la coda spezzata o tronca si sente menomato e diventa furibondo perché la mutua non gli passa la protesi. Un brutto guaio, insomma.
da “Così parlò il nano da giardino” di Margherita Oggero – pubblicato da Einaudi – pagina 5
Dati del libro:
Titolo: Così parlò il nano da giardino
Autrice: Margherita Oggero
Casa Editrice: Einaudi
Pagine: 90
Anno di pubblicazione: 2006
Scritto da Mac La Mente