/ Novembre 3, 2018/ 3 - La penna e la tela, Blog, In Libreria, Punti di vista, Racconti/ 0 comments

COP_Cheever.inddFuori è umido, freddo, il sole di questa mattina, spuntato dopo la nebbia che non vedevo da anni dalle mie parti, è andato via e mi ritrovo qui in casa seduto davanti al pc – “cattiva deformazione professionale”, la mia – con un foglio bianco che presto imbratterò perché ne sento il bisogno, non posso fare nient’altro in questo momento, non posso farne a meno…

Penso al libro che ho sul comodino del quale non citerò direttamente il nome, dico solo di essere a metà de “La strada” e osservo che qui sul piano della scrivania ne ho sistemati diversi, di libri intendo, e lo sguardo cade… Toh! Su uno a caso: Birra scura e cipolle dolci di John Cheever, e subito vengo catapultato indietro nel tempo, tra il 1931 e il 1942, proprio gli anni in cui Cheever ha scritto i suoi tredici racconti, i primi della sua carriera di scrittore e venuti alla luce solo dopo la sua dipartita.

E penso…

Penso a tutte le storie che ha raccontato, ad alcuni dei passaggi presenti nei diversi racconti e alla postfazione, a momenti più lunga di alcuni dei racconti dello stesso Cheever, ma altrettanto bella e interessante e siccome sono (credo di essere) una persona normale – si spera – ma allo stesso tempo non convenzionale, è proprio sulla postfazione del libro che mi soffermo perchè dei racconti non voglio svelar niente a chi è in procinto (o si accinge a farlo) di leggere il libro…

  • Nella postfazione viene detto che per Cheever ogni storia andava raccontata. Vero.
  • Che prendere posizione, in un certo senso, o appoggiare e seguire “il gregge” dei potenti e non solo significa amalgamarsi e smarrire la propria identità. Vero.
  • L’essere influenzato dai “grandi” va bene fino a un certo punto, ogni persona è diversa, si può prendere spunto da chi viene prima ma l’importante è la rielaborazione del pensiero secondo il proprio stile, la propria natura, la propria unicità; anche i “grandi” hanno avuto dei maestri e dopo aver “acchiappato” quello che hanno appreso, via, sono partiti per la loro strada…giusta, sbagliata, chi può dirlo? Io rielaboro e metto in discussione e arrivo alle mie conclusioni, senza essere imboccato e senza pappa pronta.
  • Il successo non conta, il non poter fare a meno di qualcosa sì, di quel qualcosa che fa stare bene, soddisfa e appaga…credo che questa sia la lezione più importante che si possa imparare…

Vaneggio? Divago? Forse sì, forse no, non so, ma son fatto così e mi fermo qui con questa piccola parentesi nata spontaneamente in questo sabato pomeriggio freddo, umido, senza sole (già tramontato) e senza nebbia fuori, ma soprattutto davanti agli occhi…

Ah, dimenticavo…i racconti di Birra scura e cipolle dolci di John Cheever sono tutti tutti tutti belli, o per lo meno, a me sono apparsi così! 🙂

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