/ Luglio 29, 2012/ Blog, Poesie della domenica/ 0 comments

Piccola premessa: inutile, non son stare fermo e “sperimentare” è una cosa che mi piace tanto perchè permette di scoprire quello che fino ad un certo momento si conosce solo teoricamente e non protaicamente, risultato ignoto, a volte ignorato. Ne approfitto oggi con la pubblicazione di questo articolo che se tutto va come deve andare apparirà sul blog alle ore 17:00 di questa ultima domenica di luglio.

Ok, sto divagando perchè lo spazio è dedicato alla poesia e alla nostra rubrica La poesia della domenica.

 

Veniamo a noi. Oggi presento una poesia che fin dalla prima lettura mi ha toccato nel cuore, una poesia del grande Fernando Pessoa (1888 – 1935), poeta e scrittore portoghese, e tra i miei preferiti per la sua capacità di catturare l’attimo, descriverlo e raccontare situazioni – immaginarie e non – con parole ricercate, raffinate, dure e delicate allo stesso tempo.

Siamo in estate e per rimanere in tema la poesia è la prima parte di una “trilogia di momenti” infatti si intitola Momenti di un’estate I. Le altre? Arriveranno con il tempo, di questo sono sicuro.

La poesia è contenuta nella raccolta Il violinista pazzo di Fernando Pessoa, pubblicata da Passigli editore e tradotta in italiano da Amina di Munno.

 

Momenti di un’estate I

di

Fernando Pessoa

 

Il cielo è blu, e gaia l’erba verde.
I miei occhi tristi blandiscono l’estraneo scenario.

Oh, potesse il mio cuore prendervi parte
e non sentire la dolorosa sensazione della vita che fugge!

Non ho dimora, né ore che mi preservino dal dolore.
Dolci brezze, accorrete alla mia mente!

Grande fiume, così calmo e vero,
insegnami ad andare incontro alla vita come te!

Io non ho tregue, i miei fiori sono appassiti.
Cos’era quel cercare che la mia volontà ha eluso?

Non m’importa neppure ciò che desidero.
Il mio cuore è ricco e il mio amore povero.

Oh, giorno dorato, penetra in me
e irradia la mia anima con la gioiosa luce del sole!

Lascia che io sia soltanto una finestra
attraverso cui tu passi con un chiaro, tiepido non-dolore.

Svengo e tremo nel sentire avvicinarsi la vita.
O fiume che scorri, dov’è la mia casa?

O liete ore che i prati consumano,
fresche piogge estive! O mia disperazione!

O felici orizzonti! O allegre colline!
Quale dolore imprigionano i miei struggenti desideri?

Cosa c’è tra me e me stesso?
Che cosa avrebbe dovuto essere perché così non fosse?

La mia vita non-dolore sarà
che una spiaggia solitaria colpita dal mare!

Quale fato, quale potere dell’oscura disperazione
fa sentire ogni ora allegra come se non lo fosse?

Oh, per un po’ di riposo! Dammi una dimora,
una speranza, un nido per non smarrirmi!

In qualche luogo nella vita deve pur esserci
qualcosa che non sia lotta ad aspettarmi.

Guidami fin lì, o giorno felice!
Lascia che il mio cuore sopporti la tua dipartita!

Sveglia in me le speranze almeno, anche se false.
Il mio spirito cerca a tentoni le mura di una prigione.

Lieve mormorio di ruscelli, dolce sposa dell’estate –
perché ho fatto di sogni la mia unica vita?

Da Il violinista pazzo di Fernando Pessoa, editore Passigli, pagine 71-74

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