/ Marzo 4, 2012/ Blog, Cristiano Torricella, Poesie della domenica/ 4 comments

Ci sono diverse forme di nostalgia, diversi momenti che permettono di ricordare e diverse forme d’arte che permettono questo salto indietro nel tempo. A volte basta guardare un quadro, rileggere un libro, ascoltare una canzone…
Pittura, letteratura, musica sono arti che evocano ricordi, sorrisi, immagini immagazzinate nella propria memoria che ogni tanto è bello riportare alla luce. Insieme a queste forme d’espressione anche la poesia merita un posto in primo piano e proprio perchè bello riaprire cassetti della mente che quest’oggi all’interno del nostro appuntamento domenicale con la poesia, e grazie al poeta Cristiano Torricella e alla sua Aridateme Roma, facciamo un salto nella nostra Capitale, Roma, cambiata in questi anni ma che negli Anni ’60 aveva un fascino tutto diverso, bello da rivivere e rivedere…

Ricordo film capolavori del cinema con attori grandissimi e indimenticabili, scene di vita quotidiana lenta e non veloce come al giorno d’oggi, poche macchine e tanto rispetto per persone e cose…

Ma sto divagando, vi lascio ora alla bellissima opera di Cristiano Torricella. Sono versi stupendi, da leggere e gustare…

 

Aridateme Roma

 

A Roma mia ner 64’ ce so’ nnato,
ma nun lo so’ si’n’domani io ce moro,
de te, Roma, so’ dovuto anna’ llontano,
pe’ sposamme’ e pe’ trova’ llavoro.

Abbitai n’tempo a Campo de’ Fiori,
e a Navona me portava mi nonna regazzino,
e ci ho le foto de quanno bbazzicavo
Sant’Angelo e Farnese n’carozzina.

Che ne sai tu de Roma vecchia, o mio turista,
tu che’ Roma vecchia nun l’hai mai vista,
quanno passava ar Corso na’ macchina sortanto,
quanno l’aria era pura,
quanno er Tevere, d’estate, era n’incanto.

Roma vecchia er mio piede i tuoi vicoli ha carcato,
sotto ogni ttempo, de notte, de ggiorno,
attaccanno n’giro locandine der teatro
t’ho conosciuta e mo’ te conosco a menadito

e d’anniscosto ogni ttanto ce ritorno

Roma bbella tu che sei rimasta ner mio core,
ma comm’e’ che tu mm’hai ggia’ ddimenticato?
se r’nostro amore nun e’ ppiu’ come quer giorno
io de te pero’ nun me so’ mai ppiu’ scordato.

A Roma bella io ce so’ nnato,
ma nun lo so si ce moro.

 

Ridatemi Roma

(traduzione in lingua italiana a cura di Cristiano Torricella)

 

A Roma mia nel 64’ ci sono nato,
ma non so s e un domani io ci morirò,
da te, Roma, sono dovuto andare lontano,
per sposarmi e per trovar lavoro.

Abitai un tempo a Campo de’ Fiori,
e a Navona mi portava mia nonna ragazzino,
ed ho le foto di quando frequentavo
Sant’Angelo e Farnese in carrozzina.

Che ne sai tu della Roma vecchia, o mio turista,
tu che Roma vecchia non l’hai mai vista,
quando passava al Corso una macchina soltanto,
quando l’aria era pura,
quando il Tevere, d’estate, era un incanto.

Roma vecchia, il mio piede i tuoi vicoli ha calcato,
sotto ogni tempo, di notte, di giorno,
attaccando in giro locandine del teatro
ti ho conosciuta e ti conosco a menadito

e di nascosto ogni tanto ci ritorno

Roma bella, tu, che sei rimasta nel mio cuore,
ma com’e’ che tu mi hai gia’ dimenticato?
se il nostro amore non è piu’ come quel giorno
io di te, pero’, non mi son mai piu’ scordato.

A Roma bella io ci sono nato,
ma non lo so se ci morirò.

 

La maggior parte dei suoi testi teatrali ed ogni altra utile informazione sull’autore Cristiano Torricella le trovate qui: Cristiano Torricella

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4 Comments

  1. Davvero bella, fa emergere la nostalgia per un tempo e un mondo che non ci sono più. Nostalgia,tempo e mondo resi in modo ancora più efficace con la scelta del dialetto. Mi piace molto, complimenti Cristiano Torricella!

  2. Sono assolutamente d’accordo con Vianne! L’epoca descritta è resa ancora più bella dalla presenza del dialetto che regala all’intera poesia un sapore diverso, dolce, con più calore…

  3. Be’… a sto punto me corre l’obbligo, e che ve lo dico a fà er piacere, de scrive du righe pe ringrazià er poeta d’avemme fatto riannà co la memoria, e soprattutto cor core, a quell’anni belli. A quei giorni spenzierati n’do i rumori ereno solo quelli der pallone su li sampietrini e de li piedi de li regazzini, che scappaveno pe nun fasse pija da le madri che li volevano portà a casa e, peggio, faje lavà li piedi e la faccia!! Quanno te rimbombava n’capoccia la voce de tu madre che te diceva “”ao’ vie qua che sennò stasera lo dico a tu padre… possinammazzatte!!!!”” e le risposte ereno risate e le risate ereno come corpi de cannone drento a li vicoli e all’androni, presaggio de na battaja già persa, de du scappellotti de tu padre er bacio de la bonanotte.
    Grazie Cristià

  4. un ringraziamento ed un appello ai lettori, da parte dell’autore di queste libere poesie in romanesco

    un caloroso ringraziamento ai tutti i miei lettori e commentatori online, i quali mi danno l’immenso piacere di poter leggere i loro liberi commenti su Internet alle mie poesie in dialetto romanesco di fine ‘900 del Rione Monti di Roma.
    Se queste mie poesie vi piacciono, vi invito, allora, ad adottarle, a leggerle in pubblico, nelle piazze, nelle case, nelle scuole, nei circoli per anziani. Diffondetele, parlatene con i vostri amici e conoscenti, fatele girare su Internet.
    Liberiamo la libera arte e la letteratura romanesca dalla mafia partitocratica e dal business parassitico che talvolta la sovrasta e le impedisce di parlare fuori da Internet.
    Adottate voi stessi le mie piccole poesie d’autore, o lettori, o esse periranno, schiacciate dallo spietato mondo del business editoriale e della concorrenza spietata.
    Io, poeta, faccio libera arte e libera letteratura collettiva popolare.
    Arte totalmente al di fuori dai finanziamenti pubblici che sprecano il denaro del cittadino, dai premi letterari truccati, dagli inciuci del potere, dai favoritismi clientelari e dalle raccomandazioni politiche.
    La mia è arte “solo di merito”, arte popolare che viene dal basso, dal popolo, dal proletariato, che, dando voce ed importanza ad esso, può, invero, dare anche molto fastidio persino ai professionisti del settore, agli scrittori partitici e di mercato .
    Dunque la mia vera forza siete solo voi, o miei simpatici lettori, ovunque voi siate, nel mondo, perchè io non ho alle spalle un business economico e mediatico che mi promuove, a differenza di altri.Vi prego, allora, di diffonderla ovunque, la mia arte, o miei lettori italiani, contro tutto e tutti coloro che da decenni censurano la mia libera poesia d’autore, che non ne parlano, che la snobbano, che, persino, desidererebbero farla sparire, perchè dà fastidio a chi propaganda la propria arte fasulla, partitica, di mercato, senz’anima, dedita al denaro. La mia poesia dialettale è invece libero teatro e libera arte popolare vera e viscerale.
    Sono “un uomo del popolo di Roma” ed io, questo, non l’ho mai dimenticato!
    La mia arte è la vostra arte, o romani de Roma!
    La mia arte è al vostro servizio di liberi cittadini!
    Fate che la mia arte viva e prosperi, aiutatela ad uscire dal buio!
    La mia arte è piccina e povera e tremante ed ha “grande paura di restare da sola”!
    Fatela esistere, aiutatela, non la vedete che ha bisogno di voi?
    che questa libera arte è li, appena nata, gettata lì, nello spietato mondo editoriale, lì, nuda e tremante? Fatela esistere e lasciate esistere anche me, come poeta e scrittore.
    Questo miracolo, potete farlo e compierlo soltanto voi
    In attesa, spero, di vedervi tutti in teatro.
    Allora grazie a tutti voi, per quanto vorrete/potrete fare in merito alla libera promozione e libera diffusione della mia libera arte
    Voi, o popolo di Internet, e voi, o popolo di Roma, siete solo voi la mia forza ed il mio motore!
    Un caloroso grazie.
    Cristiano Torricella, poeta dialettale romanesco.

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