/ Maggio 31, 2009/ Artisti, Blog, Il disco del mese/ 0 comments

Il disco del mese – Aja degli Steely Dan (1/2)

Come detto nel precedente articolo, Aja degli Steely Dan è composto da sette traccie e comincia con la splendida Black Cow dove già dalle prime note dell’intro, affidate alla batteria, al basso e a piccoli accordi di chitarra, si viene proiettati in una dimensione sonora di altissimo livello. Il cantato si fonde meravigliosamente con la musica, sono un tutt’uno e questa unione diventa ancor più inscindibile grazie alla presenza dei cori che fanno da collante e che mettono in evidenza le varie parti del testo. La musica piano piano cresce ma non tanto, resta sempre su un livello medio di volume anche nelle parti strumentali. Molto bello il solo di sassofono e l’entrata degli altri fiati che accompagnano la canzone verso un finale sfumato.

Ed ecco che arriva la canzone che da’ il titolo all’album: Aja. E’ il brano, come è giusto che sia, che dura di più. E’ caratterizzato da molti cambiamenti ritmici che potrebbero rischiare di compromettere l’intero pezzo facendogli perdere originalità. Ma è un rischio calcolato perchè Aja non ne risente minimamente anzi, i cambi ritmici sono uno più bello dell’altro e conservano la linearità del brano, non ci sono spigoli o salti, tutto è una lunga linea retta dove tutti gli strumenti hanno modo di esibirsi: ci sono molti momenti musicali, soli di piano e chitarra all’unisono e stacchi di batteria che lanciano soli di sassofono e che crescono con esso.
Peccato, il brano più lungo del disco, con i suoi quasi otto minuti, finisce troppo in fretta!
Ma non bisogna disperarsi perchè si continua con Deacon Blues: il secondo brano per durata. Come il titolo stesso puo’ far intendere, è un blues sì ma per come la parola “blues” viene concepita dagli Steely Dan. Infatti del vero blues, quello con shuffle e in tempo terzinato, conserva solamente gli accordi che per l’occasione sono eseguiti in 4/4. Le scale armoniche e gli arrangiamenti anche in questo caso sono curati, non c’è una nota di troppo: ogni passaggio, fill e stacco è inserito all’interno della canzone alla perfezione, anche le parole sono posizionate al posto giusto e questo permette al brano di scorrere leggero dall’inizio alla fine.

Peg è la quarta canzone dell’album e sembra diversa dalle altre perchè più movimentata e ritmata. Bisogna ringraziare la sezione basso e batteria per questo ritmo, basso e batteria che in questo brano si danno un gran da fare senza strafare, hanno spazio sì ma i due strumenti restano comunque fedeli allo spirito generale dell’album, anche quando aumentano di poco il loro volume quasi a coprire il solo e le note di chitarra che arrivano. Geniali gli Steely Dan in questo caso a capovolgere gli strumenti: generalmente si da’ spazio ad un solo di chitarra per metterlo in primo piano ed invece in Peg avviene esattamente il contrario, il solo serve solo ad annunciare un cambiamento ritmico e niente di più.
L’album prosegue con Home at Last. Ritmo funky e tanti fiati sono gli elementi principali di questa canzone. Anche i cori trovano spazio tra la musica e questo è possibile perchè Home at Last è cantata quasi tutta all’unisono dal duo formato da Donald Fagen e Tim Schmit: le loro voci si fondono quasi in una.

I Got the News è la seconda canzone movimentata dell’album, sembra riuscire a fondere le due precedenti: velocità di esecuzione e ritmo funky. Caratteristica del pezzo sono i vari passaggi che la batteria fa, la crescita quasi immediata del suono e l’abbassamento di volume per tornare al livello iniziale. Molto belle le note che Fagen suona con il piano, non sono un vero solo, si presentano inaspettate, e fanno quasi da ostinato all’interno della canzone.

Peccato, l’album è già arrivato alla fine. Josie è l’ultimo brano, un riassunto anche questo dei precedenti, un riepilogo di quello che si è ascoltato. Bellissima con i suoi mille e mille momenti musicali e vocali, con i suoi crescendo e con i suoi ostinati di chitarra e piano che accompagnano la voce dei due cantanti che in questo caso si alternano da solisti a coro per fondersi verso l’ultima strofa. Il solo di chitarra è splendido, leggero, tutte le note si capiscono e arrivano. Altra caratteristica della canzone è il falso finale, che arriva intorno ai tre minuti, una breve pausa per poi riprendere, proseguire per un altro po’, e finire.

Aja è un album sempre nuovo, curatissimo nei particolari e dove l’intesa musicale di Donald Fagen e Walter Becker risalta all’inverosimile, difficile stabilire chi dei due sia il cuore e chi la mente del gruppo. Come vennero definiti tempo fa: “sono due persone in una”.

Scritto da Mac La Mente

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