/ Novembre 10, 2008/ Artisti, Blog, La musica del tempo/ 0 comments

Pentagramma – Light My Fire dei Doors (2/2)

Light My Fire è probabilmente il brano più conosciuto dei Doors e il più trasmesso ancora oggi dalle radio di tutto il mondo.
Scritta nel 1966 e pubblicata a gennaio del 1967 nel folgorante album d’esordio del gruppo, The Doors, è la canzone che ha lanciato sulla scena del grande rock americano e internazionale 4 ragazzi che fino a quel momento avevano suonato solo nei locali più o meno underground di Los Angeles: il cantante e “poeta maledetto” Jim Morrison, il tastierista Ray Manzarek, il chitarrista Robby Krieger e il batterista John Densmore.

Nato quasi per caso, il brano ha delle peculiarità che lo rendono unico nel panorama musicale e anche tra i lavori dei Doors.
La prima e più importante peculiarità sta nell’essere totalmente frutto di uno dei più riusciti lavori d’equipe dei componenti della band, risultato di una magica alchimia.
Durante il lungo periodo di gavetta nei locali i Doors avevano iniziato a suonare le loro canzoni e, nell’estate del 1966, volendo fare il salto di qualità, si erano dati il compito di scrivere nuovi brani per una certa data. Ma a quella data nessuno di loro aveva preparato niente. Tranne il chitarrista Robby Krieger, che aveva scritto una strofa e un ritornello per una canzone dedicata a uno dei 4 elementi naturali, il fuoco. Su quella base, che piacque subito a tutti, intervennero con un entusiastico lavoro di gruppo tutti e quattro; in particolare, Manzarek ne costruì l’inconfondibile intro di organo e Jim Morrison ne scrisse la seconda, splendida strofa. E nel giro di poche ore quei quattro ragazzi poco più che ventenni composero per intero quella che sarebbe diventata una delle canzoni simbolo del rock.

Per comprendere appieno la portata di questo brano straordinario, che divenne all’epoca un vero e proprio inno generazionale, non bisogna dimenticare il quadro storico e culturale in cui si colloca.
Negli Stati Uniti sono gli anni d’oro delle controculture giovanili, della rivoluzione culturale che sta cambiando il volto della società e di tutte le arti. Sono gli anni degli hippy e dei figli dei fiori, del pacifismo e della protesta contro la guerra nel Vietnam; delle contestazioni alle ipocrisie e al perbenismo in nome di un nuovo modo di vivere e di concepire il mondo e i rapporti interpersonali; della rivoluzione sessuale in nome di una sessualità libera da ogni pregiudizio. E sono gli anni delle droghe, vissute come strumento di amplificazione sensoriale e percettiva e di espansione delle coscienze.

In ambito musicale tutto questo si ritrova nella straordinaria stagione che culminerà nel concerto epocale di Woodstock e che, solo per fare qualche nome, vede tra i suoi protagonisti Jimi Hendrix e Janis Joplin, i Greatful Dead e i Jefferson Airplane, i Velvet Underground.

E, naturalmente, i Doors, il gruppo che fin dal nome (ispirato a un verso di William BlakeIf the doors of perception were cleansed every thing would appear to man as it is, infinite” “Se le porte della percezione fossero sgombre ogni cosa apparirebbe all’uomo quale essa è, infinita” e al titolo di un libro dello scrittore Aldous Huxley, “Le porte della percezione”, sugli effetti della mescalina), esprime la volontà di espandere la musica al di là delle porte della percezione per cogliere il senso infinito delle cose: musica psichedelica e testi poetici e visionari per accedere all’infinito.

In Light My Fire tale volontà di espansione è perfettamente riuscita. E’ un brano potentissimo, un rock-blues incendiario caratterizzato a livello musicale da una straordinaria alchimia di jazz, blues, musica orientale e ritmi indiani, surf, rock psichedelico e musica classica. Ha ottimi soli di chitarra e organo e uno dei più stupendi duetti strumentali del rock, il dialogo-amplesso tra le tastiere di Manzarek e la chitarra di Krieger nella parte centrale.
Un brano che nei modelli ispiratori usati per la sua creazione fonde la grande tradizione classica con le più innovative esperienze della musica contemporanea: infatti l’intro di organo è basato sulla musica di Bach; mentre gli assoli della parte centrale, la progressione armonica e il duetto organo-chitarra sono ispirati a My Favorite Things di John Coltrane e al suo duetto sax-piano con McCoy Tyner nello stesso brano. John Coltrane, genio del jazz, ammirato da Manzarek e Krieger che, con Light My Fire hanno voluto rendergli omaggio.

Come ho già anticipato, alchimia è la parola che meglio esprime, a mio parere, il senso di Light My Fire.
Alchimia nel lavoro del gruppo, alchimia musicale, alchimia di immagini e di significati, come emerge ancora meglio dal testo e dalla fusione (v. prossimo articolo) – fusione alchemica, appunto – testo/musica.

(Continua)

Scritto da Vianne

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